Fido
La prima volta che io e Fido ci incontrammo, sembrava come se qualcuno dall’alto avesse decretato che le nostre strade si dovessero congiungere. In qualche modo questo “qualcuno” aveva deciso che i nostri destini dovessero proseguire per il resto della nostra esistenza, uno accanto all’altro, fin quando poi uno dei due non avesse mollato.
Si trattò comunque di vero amore fin da principio. Il fatale incontro accadde una domenica notte quando, annoiato, stavo rientrando in macchina dopo aver trascorso un monotono week end in Toscana a casa di mia sorella. Fuori pioveva nonostante fossimo oramai a Giugno inoltrato, si trattava di uno di quei tipici acquazzoni che precedono l’avvento dell’estate, dove l’afa e la pioggia scendono giù con violenza e ad intermittenza senza nessun preavviso. Faceva caldo, guidavo a rilento su una stradina battuta, stretta e sconnessa, una specie di mulattiera, che dalla strada principale conduceva ne vari casolari e vigneti di campagna antistanti.
Ma superato l’ennesimo dosso, di colpo dovetti inchiodare la macchina alla vista di una palla bianca con un puntino nero al centro, immobile in mezzo alla carreggiata. Non mi ero sbagliato, così avvicinando la testa al parabrezza, potei vedere meglio che quella che credevo qualcosa di molto simile ad una busta o giù di li, non era altri che un piccolo cucciolo di maremmano seduto sulle zampette posteriori, sotto un diluvio torrenziale. Tremava come una foglia al vento d’autunno, così per istinto alzai gli abbaglianti, ma non appena il piccolo fu colpito dal bagliore dei fari, per istinto abbasso il muso e alzò una zampina a coprirsi gli occhi. Scesi di corsa dalla macchina, mi accostai a lui, che intanto senza alcun timore non si mosse neppure di un millimetro, mi guardava fisso con gli occhi socchiusi infastiditi dalla pioggia, non appena mi accovacciai ad un passo da lui, venne di corsa ad ripararsi tra le mie gambe. Si era fidato di me. A quel punto non potevo far altro che raccoglierlo e condurlo con me in macchina.
Non appena lo adagiai sul sedile accanto alla posto di guida, si raggomitolò su se stesso come una biscia dandomi l’impressione che volesse dormire stremato dalla fatica. Come poi di fatto fece nel giro di pochi minuti. Durante tutto il tragitto fino a casa non si mosse minimamente, di tanto in tanto buttavo l’occhio per controllarlo, ma lui continuò a dormire imperturbato.
Tutto questo capitò in un momento della mia vita alquanto incolore, emozioni zero, quindi, ero pronto a qualsiasi novità, a patto che portasse con se una ventata di novità. Ma a tutto potevo pensare, tranne che adottare un cane. Ne' ci avevo mai pensato prima, tantomeno avevo voglia di costringere la vita ad un impegno come quello. A giudicare dalle ammissioni dei miei amici che già possedevano un animale, mettersi una bestiola in casa sembrava essere una responsabilità pari a quella nei riguardi di un figlio, stessi obblighi, eguali sacrifici. In breve poi avrebbe modificato ogni assetto della mia vita, vacanze, week end, capodanni all’estero, relazioni sentimentali, senza pensare poi alla spesa che avrei dovuto sostenere allevando un’animale. Tutte cose lontanissime dai miei pensieri.
Ovviamente, ne il giorno seguente, come neppure nelle settimane successive, riuscii a liberarmi di lui, ero bloccato dal rimorso che se l’avessi fatto, in quella prima fase il cucciolo non avrebbe potuto farcela senza di me. Soltanto dopo capii il vero motivo del mio comportamento. Inevitabilmente con mia grande sorpresa iniziammo così a conoscerci e a diventare persino amici, una di quelle amicizie autentiche, saldate da reciproco rispetto. Iniziai a chiamarlo con il primo nome che mi passò per la testa, Fido, forse il più banale e scontato da attribuire ad un cane, ma soltanto in seguito mi venne in mente che quel nomignolo aveva a che fare con il sentimento che ci legò fin da principio, la fiducia reciproca di uno nei riguardi dell’altro. Come per istinto entrambi conoscevamo il ruolo che il destino ci aveva assegnato. Giorno dopo giorno Fido dimostrava sempre più affezione nei miei riguardi e una sconfinata fiducia attraverso mille suoi modi di fare. Si era votato a me in maniera incondizionata qualsiasi cosa io facessi, per lui era sempre quella giusta, e l’avrebbe seguita ad ogni costo.
Fu così che iniziò la lunga storia tra me e quella dolcissima bestiola. Senza alcuna fatica ne sacrificio, proseguimmo a convivere e rispettarci a vicenda. A causa sua le vacanze non mi furono mai di peso, come pure i fine settimana, Fido godeva di un carattere dallo spiccato senso indipendente, forse anche grazie al tipo di razza a cui apparteneva, i maremmani si sa, sono cani liberi e libertari per natura propria, una razza orgogliosa e umile al tempo stesso, era capace di rimanere solo anche per due giorni di fila senza mai farmelo pesare. Quando mi capitava di assentarmi gli lasciavo la tapparella della cucina leggermente alzata, quanto bastava per permettergli di gironzolare libero in giardino e fare i suoi bisogni. Poi ad ogni mio rientro, scodinzolando felice mi faceva quel po’ di feste, ma senza mai troppi eccessi, sapeva contenersi. Aveva dignità da vendere, in tanti anni ad esempio, non si sognò mai di correre a prendere un sasso o un bastoncino lanciato lontano. A differenza di molti altri cagnolini che non facevano altro per un pomeriggio intero sotto il suo sguardo indifferente.
Da quella domenica sera piovigginosa dove io e Fido fatalmente ci incontrammo per la prima volta, trascorsero molti anni, e così inesorabile venne anche quel maledetto giorno di cui non avrei mai voluto sentir parlare ne che giungesse. Già da qualche mese Fido aveva perduto quasi del tutto l’uso della vista, le sue zampe posteriori l’avevano pian piano abbandonato costringendolo a trascinarsi. Nell’ultima visita, il veterinario a malincuore mi fece capire che se volevo davvero bene a quella bestiola, l’unica cosa da fare era sopprimerlo, tanto più che non avrebbe vissuto più che un’altra manciata di settimane.
Me ne ritornai a casa con Fido in braccio proprio nello steso modo in cui ce lo condussi la prima volta. Il giorno seguente decisi che ci saremmo lasciati per amore di entrambi, forse la scelta più amara della mia vita. Avrei dovuto fare a meno di quell’amicizia così forte e inossidabile, unica soltanto tra un uomo ed una bestia. Mi sarei dovuto privare di quegli sguardi sinceri senza doppiezza, quelle solennità ad ogni mio rientro che gli sgorgavano dal cuore. Trascorremmo così una notte quasi del tutto insonne uno accanto all’altro, posai una coperta a terra accanto alla sua cuccia in modo che potesse sentirmi il più vicino possibile a lui. Gli strinsi una zampa tra le mani, e così provammo ad addormentarci.
Il mattino seguente durante tutto il tragitto che portava da casa fino al veterinario, piansi tutte mie le lacrime. Così una volta giunti, il dottore con scrupoloso tatto mi chiese se volevo rimanere accanto a Fido oppure andarmene subito dopo aver firmato qualche carta. Aggiungendo che il tutto sarebbe durato solo pochi minuti, l’avrebbe prima sedato, quindi una volta addormentato l’avrebbe soppresso. E comunque Fido non si sarebbe accorto di nulla, questo fu ciò che tentò di garantirmi. Ma non si privò di aggiungere che se gli fossi rimasto vicino sino all’ultimo, di certo il suo trapasso sarebbe avvenuto in modo molto meno traumatico.
Quelle parole sollevarono e rinnovarono in me quel senso di estrema gratitudine nei confronti del mio cagnolino a cui non potevo di certo mancare.
Fido non smetteva di guardarmi, ed io vigliaccamente cercavo di non incrociare il suo sguardo, convincendomi ostinatamente che stavo facendo la cosa più giusta per lui. Far cessare le sue sofferenze, mantenendo così intatta la sua dignità.
Socchiuse gli occhi dolcemente, mentre reggevo la sua zampa. Dopo pochi minuti il medico mi disse.
<< E’ andata, ora se vuole può uscire, non serve che assista a tutto il resto. >>
Ma un istante prima di andarmene mi richiamò e aggiunse.
<< E’ stato un cane fortunato, ha avuto un’esistenza felice, lo si vedeva, complimenti, dovrebbero prendere tutti esempio da lei.>>
Feci un gesto del capo come per ringraziarlo ed uscii. Avverti una solitudine straziante.
Un istante prima di sparire definitivamente da quel luogo, passando per la sala d’attesa, una signora che evidentemente intuii cosa fosse successo, mi venne incontro e mi disse.
<< Mi spiace, so bene cosa sta provando in questo momento, posso darle un consiglio? Rimpiazzi subito quel vuoto, sarà un po’ come far resuscitare il suo cagnolino, io ho fatto lo stesso, se vuole potrei aiutarla, lavoro al canile Municipale, tenga questo è il mio numero, ci sono tanti cuccioli che non aspettano altro che qualcuno li porti via da quelle gabbie. Mi chiami quando vuole, si faccia un regalo ancora una volta …>>
Abbozzai un sorriso mi voltai ed uscii. Fatte poche decine di metri di colpo mi fermai, misi le mani in tasca, e tirai fuori le uniche due cose che trovai, il guinzaglio di Fido oramai senza più nessuno a cui poterlo mettere, ed un numero di telefono …
Tornai così di corsa indietro per cercare dare un senso a quelle due cose che fatalmente mi ritrovai tra le mani ….
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