martedì 8 marzo 2011

Racconto. "Matilde"


Più volte ero sul punto di disdire quell’appuntamento, ciò nonostante mantenendo a freno le mie  ansie di inadeguatezza a quell’impegno, non lo feci.
La verità era che dopo un tempo immemorabile, sarei nuovamente uscito in compagnia di una donna. Che emozione. Tuttavia non mi ero posto nessuna traguardo, tantomeno avevo in mente strategie, ne aspettative, come certamente invece sarebbe accaduto molto tempo prima in occasione di una simile circostanza, ciò che invece temevo potesse balenare nella mente della persona con cui avrei diviso quell’inconsueto fuori programma. 
La ragazza con cui sarei dovuto uscire, Matilde, era un tipo davvero carino, o perlomeno così  appariva ai miei occhi. Le poche volte in cui avevo avuto modo d incontrarla ero rimasto colpito dal suo sguardo, diverso da molti altri, difficile da interpretare, lo identificavo come un qualcosa  misto tra dolcezza e fascino. Era decisamente molto attraente.
Tempo addietro, in occasione di un casuale incontro, tra le altre cose che ci dicemmo, mi confidò di essersi separata, mentre lo diceva di colpo il suo sguardo fino ad allora solare, si fece cupo, provai per lei una grande tenerezza, la cosa mi dispiacque un po’, ma al tempo stesso mi sentii gratificato, ovviamente non per l’evento in se stesso, ma per il semplice fatto che avesse trovato in me qualche ragionevole motivo per riferirmelo. Probabilmente l’istinto l’aveva ispirata a lasciarsi andare ad una confidenza così tanto intima e personale.
Fu proprio lei in occasione di quel breve incontro, prima di congedarci, che sfoggiando nuovamente il suo solito e radioso sorriso mi disse.
<< Perché non ci sentiamo, magari ci  andiamo a mangiare una cosa insieme.>>
Fu così che ci scambiammo i numeri di telefono, per me fu  una sorta di traguardo inaspettato,  avevo ottenuto un contatto con quegli occhi e quel sorriso, di certo se non fosse stata lei a prendere l’iniziativa, io non avrei mai avuto il coraggio di chiederglielo.
Feci passare qualche giorno, così decisi in qualche modo di farmi sentire, pertanto supponendo fosse eccessiva una telefonata,  le inviai un sms nel quale le scrissi.
“ Mi è dispiaciuto molto vederti triste e sull’orlo dei lucciconi, in una giornata solare come questa mi fa piacere pensarti solare e senza pensieri, ti auguro una settimana serena .”
Il messaggio era del tutto personale, indubbiamente varcava ogni rapporto di semplice conoscenza, l’auspicio di saperla serena e senza pensieri, tutto sommato non mi avrebbe dovuto riguardare, a meno che nella scala dei suoi interessi, non avessi rappresentato qualcosa al di sopra di ciò che di fatto ero, ovvero pressoché nulla. Ragionevolmente, al fine che io capissi, poteva decidere di non rispondere, oppure farlo inviando una risposta educatamente algida e senza partecipazione. Qualche istante dopo aver schiacciato il tastino dell’invio sul cellulare, meditai di aver fatto forse una grossa cazzata.
Ma non fu esattamente così. Difatti il giorno dopo, quando oramai pensavo di non avere più sue notizie, appena dopo l’ora di pranzo,  il telefono trillò all’attenzione di un sms.  Era lei, Matilde.
“ Stavolta ci penso io ad augurarti una settimana come si deve … senza pensieri … solo che stamattina mi sono dimenticata di inviarti l’sms UFFA! Buona giornata Matilde.”
Così di colpo, le mie speranze di non aver stupidamente rovinato tutto, germogliarono nuovamente. Si era fatta viva, e dal contenuto di ciò che mi scriveva, dimostrava di non aver nessun rancore. Pertanto, con lo stesso impeto di un bambino, nell’atto di scartare i  regali di compleanno, felice riposi il telefono in tasca e me ne andai soddisfatto a pranzo.
Un piccolo passo lo avevo fatto, ora non dovevo fermarmi, volevo incontrarla, trascorrere insieme a lei qualche ora, godermi la vista di quel sorriso così  ridente, guardarla meglio negli occhi da dietro la montatura dei suoi occhiali che inconsapevolmente le attribuivano un’aria così intrigante. Ma proprio mentre maturavo questo pensiero, con stupore fui assalito da uno strano stato d’ansia. Il timore dell’incapacità di non riuscire a divertirla visto il mio momento di non eccesiva tranquillità. Avrei sicuramente dovuto evitare certi tipi di argomenti, del resto quando una donna accetta un invito ad uscire con un uomo, la sola cosa che spera e che si aspetta è quella di divagarsi. Avrei dovuto fare appello a tutte le mie remote pratiche su come far divertire una donna, la capacità di rendere l’aria leggera e piacevole, di certo non mi sarebbero mancati gli argomenti, tantomeno le esperienze maturate. Tuttavia, era passato troppo tempo da che non uscivo solo con una donna. Ma così pensando, sarebbe poi divenuto tutto troppo macchinoso, artefatto, quasi machiavellico, e questo, nelle mie intenzioni  era lontano anni luce.  Il giorno stesso confidando i miei timori a Flavio un amico di vecchia data, molto esplicitamente lui mi disse.
<< Mamma mia quante seghe mentali  Robbè. Cosa le dico, dove la porto, l’annoierò, che idea si farà di me, saprò divertirla. … Ecchepalle!!!  Ma una sana e spensierata passeggiata, o seduti in un pub davanti ad una birra fresca no hee … E poi certe cose non dovrei dirtele io, se non ricordo male certi consigli eri tu che un tempo li suggerivi a me, giusto? Lo sai le donne come sono fatte, magari quella neanche ci pensa, o magari si starà facendo le tue stesse seghe mentali, se non addirittura ha la testa incastrata per qualche altro tizio e neppure ti vede. Accetta il mio consiglio, se decidi di uscirci rilassati e divertiti, se ci riuscirai, come per magia anche lei sarà rilassata e si divertirà vedrai. E poi non fasciarti la testa prima di rompertela, prima sincerati se accetta di uscire, non è detto che ne abbia voglia.>>
Quindi aggiunse.
<< Ma poi non ho capito, fammi capire bene, ma questa tipa ti piace o no?>>
<< Ma certo che si, non mi farei mille problemi non fosse così, tu che dici?>>
<< Questo lo avevo capito, non sono mica scemo, intendo dire, in che misura ti piace, sessualmente, vuoi diventare suo amico,  o cos’altro?>>
<< Che cazzo di domanda mi fai, è ovvio che non mi sia indifferente, neppure sessualmente è chiaro, la vedessi capiresti da solo, altrimenti il mio atteggiamento nei suoi riguardi sarebbe diverso, ma non solo questo, sarebbe riduttivo.>>
Scherzando aggiunsi.
<< Capirai!!, dopo tutto questo tempo di apnea ascetica sarei persino capace di fare cilecca, sai che figura di merda. Per farti capire meglio, diciamo che Matilde, pur non passando affatto inosservata, non va immaginata come una bomba di sesso ambulante. Vuoi che ti dica  come la vedo io? Come una di quelle ragazze che piace ad ogni uomo, nessuno escluso, insomma, incarna il classico tipo di donna che se la scoperebbero volentieri tutti, con quella sua aria un po’ così, tra l’ingenuo e l’intrigante. >>
<< Haaa .. Ho capito,  se le cose stanno così, allora sono cazzi tuoi, faresti meglio a non uscirci.>>
<< Ma che dici? Parli così perché come al solito ti sarai fatto già due tre film mentali, ma ti sbagli, l’istinto mi spinge a credere invece che non sia affatto pericolosa, anzi, mi da l’aria sia diversa, una persona con cui ci si può parlare di tutto senza sotterfugi, o timori di eccesiva suscettibilità, eppoi è madre, e come quasi tutte le madri il suo livello di responsabilità è maggiore. >>
<< E cosa c’entra adesso il suo senso di responsabilità, non devi mica aprirci un conto corrente, al massimo quello che dovrai aprirle …. Ahahaha. Ho capito dai ammettilo, ti sei già innamorato …>>
 << Ma piantala, che dici, come puoi pensare che ne sia  innamorato se l’avrò vista si e no due tre volte, non dire stronzate, se ne parlo così, è perche dopo tanta indifferenza verso il mondo femminile, avverto d’improvviso una certa attrazione nei suoi riguardi, tutto qui, senza ne ciak, registi o truccatori. Matilde non lo sa ovviamente, ma è l’unica persona da che la conosco, con cui potrei tentare un rapporto che vada al di la della semplice conoscenza. Magari poi sbaglio, ma questo è quello che penso.>>
<< Io comunque in tema di gentil sesso, rimango fermo nelle mie convinzioni, se esci con una  donna, ciò che si aspetta è di divertirsi, ma soprattutto ciò che mi aspetto io, è di portarmela a letto il prima possibile, ogni lasciata è persa amico mio. Il sesso passa attraverso l’ironia ricordatelo, lo sai quanto sono sceme le donne, due bicchieri di rosso, tre cazzate al posto giusto, e senza neanche accorgertene, ti ritrovi a succhiarle la lingua. E poi non dimenticare i vecchi proverbi popolari, “ se una donna dice di no, vuol dire forse, se dice forse, vuol dire di si”. >>  
La conversazione terminò così rimanendo entrambi delle nostre reciproche vedute.
Nella sua illustrazione dei fatti, in una cosa aveva ragione, mi sarei dovuto sincerare che Matilde accettasse il mio invito, così  nel primo pomeriggio risposi al suo messaggio  e le scrissi.
“ Grazie, va bene lo stesso, piuttosto tu come stai? Io mi vivo questa settimana in solitudine. Grande voglia di Trastevere notturna, se vuoi, in tutta “serenità” potremmo farci due medie insieme. Fammi sapere.”
Virgolettai appositamente la parola, serenità, per non darle modo di farsi strane idee. Ora non rimaneva altro che aspettare la sua risposta. Esattamente quattro ore dopo, giunse proprio quando oramai pensavo non lo facesse più. Breve, sintetico e risoluto, rispose lo stretto necessario, come chi abitualmente è pratica a certe faccende.
“ Volentieri … ma sono libera giovedì sera .. non so se x te va bene!!”
A quel punto non aspettai, e le risposi subito senza dilungarmi troppo.
“ Ok è andata, domani ti chiamo e ci mettiamo d’accordo ciao e buona serata”
Mi resi conto soltanto dopo, di quanto fossero stati asciutti e concisi i termini  dell’accordo, in sole ventisette parole, compresi assensi, preposizioni semplici e articolate,  avevamo raggiunto un’intesa, Imbarazzo? Rimorsi? Ripensamenti? Chissà, tutto poteva essere.
Arrivò dunque la sera concordata, alle nove Matilde sarebbe venuta sotto casa mia a prendermi. Contrariamente a quello che credevo, durante tutto il giorno, man mano che il tempo scorreva, il desiderio che le ore volassero, si fece sempre più incombente. Avevo voglia di rivederla, ma ancor di più, mi esaltava l’idea che avesse deciso di trascorrere una parte del suo tempo assieme a me. Per poi come la serata si evolvesse, era una cosa a cui oramai non ci pensavo più.
La sera rientrato a casa mi infilai subito sotto la doccia bollente, quindi mi rasai, facendo pelo e contropelo, una consuetudine quella dell’insaponarmi una seconda volta che non era nelle mie solite abitudini, e la cosa mi fece ridere parecchio, guardare la mia immagine riflessa allo specchio, li impalato e completamente nudo con la faccia tutta bianca di schiuma. Come se poi radermi con più cura avesse avuto un senso, chi altri oltre me se ne  doveva accorgere? Pensai semplicemente fosse soltanto il retaggio di un vecchio protocollo trito e ritrito, nulla di più.
Alle nove meno cinque scesi in strada ad aspettarla, ma non ce ne fu bisogno, Matilde era già li sotto casa da qualche minuto ad aspettarmi.
Subito dopo i rituali di commiato, montammo in macchina, e partimmo. Dato che eravamo entrambi digiuni, decidemmo di fermarci a mangiare una cosa dietro casa. Non appena le fui seduto accanto, avvertii in lei un leggero impaccio, la cosa non mi disturbò affatto, al contrario, pensare che anche lei come me, percepisse l’emozione della cosa, non poteva farmi altro che piacere.
Non potei fare a meno di osservarla, era davvero molto carina, e sapendo che viveva fuori Roma, mi sembrò che non si fosse particolarmente preparata per l’evenienza, con tutta probabilità indossava ancora gli stessi abiti del giorno. Il taglio di capelli corti da maschietto scomposti e messi alla rinfusa, i suoi soliti occhiali, trucco neanche l’ombra.  indossava un paio di pantaloni beige aderenti, che le fasciavano ad arte il profilo delle cosce, mettendo così in risalto ciò che in lei fisicamente apprezzavo più di ogni altra cosa, assieme alla sua bocca … il suo lato “B” un perfetto capolavoro della natura.
Nella prima parte della serata a cena ci dilungammo a parlare più o meno di pura cronaca, ma pian piano che si acclimatava, vedevo che si stava sciogliendo, e così non potei fare a meno di osservare i suoi sorrisi, la bocca, la forma dei suoi incisivi, il contorno ed i confini delle sue labbra, Per un istante senza neppure sfiorarla, avvertii un senso di eccitazione, oltre al forte impulso di baciarla. Mi resi conto in un attimo di avere di fronte una femmina piena di carica erotica, molto più di quanto non pensassi. Fu verso la metà della cena  che mi confidò con aria quasi normale di aver avuto una relazione con un uomo, e neppure così breve, all’incirca otto mesi, ma da pochissimo interrotta. Nonostante l’apparente disinteresse, traspariva in lei e in modo netto e chiaro, che la cosa in qualche modo la infastidiva, come non avesse voluto che andasse come poi andò la storia,  in breve, appariva chiaro esserne poco felice. Dava segni chiarissimi di non esserne stata lei la causa dell’interruzione, ma piuttosto di averla subita.
Avvertivo in lei una certa predisposizione nell’aprirsi a certe sue confidenze, il nostro linguaggio in qualche circostanza divenne più aperto e verace,  incline addirittura a qualche licenza non del tutto etica. Poi dopo un po’, quando per un momento gli argomenti si esaurirono, intuii in lei un’aria che lessi come di noia, rivolgendo lo sguardo nel vuoto,  così di colpo caddi nel panico. Riflettendo bene, mi resi conto che sino ad allora non ero ancora stato capace di farla ridere, come del resto mi aveva suggerito di fare il mio amico Flavio, anzi, a dire il vero trattammo questioni tutt’altro che scherzose. Eppure in passato, quando rivestivo ancora i panni da “orso”, solitamente quando uscivo con una donna mi risultava semplice tenere alto il clima della serata, forse per il semplice fatto che non me ne fregava assolutamente nulla circa l’idea che potessero farsi sul mio conto, le varie prede di turno. Paradossalmente, meno ne ero interessato, più le snobbavo e più loro ridevano come oche in un’aia, con il risultato poi di decidere se portarmele a letto o meno. Un mostro!!!   
Salvai capra e cavoli in zona cesarini proponendole di andar via, ma in realtà, più che proporlo mi alzai dandole a capire che la cena era terminata li con l’ultimo mio sorso d’amaro. Così, mentre lei raggiunse il bagno, io intanto pagai il conto ed uscimmo. Raggiunta la macchina, Matilde parve incerta circa il proseguo della serata, difatti, non appena terminò una controversa manovra per uscire dal parcheggio, posizionò il muso della macchina nella direzione contraria al centro, destinazione in cui verosimilmente ci saremmo dovuti recare sin da principio, chiedendomi poi senza guardarmi dove andare. In una frazione di secondo pensai non ne avesse voglia, sapeva bene che il centro era nel lato esattamente opposto. Pertanto con tono meno passivo, le indicai in modo risoluto di voltare, e  farci due passi in centro.
Di colpo mi parve goffa in ogni sua cosa, ogni suo movimento, in quella situazione non sembrava essere a suo agio, riconsiderai più attinente l’ipotesi che per suo conto, la serata poteva concludersi pure a fine di quella fugace cena. Partimmo.
Raggiunta Trastevere con un colpo di fortuna parcheggiammo in uno stretto dedalo dietro Piazza della Chiesa Nuova. Passeggiammo senza una precisa meta uno accanto all’altra come due rispettosi amici, ruolo a me del tutto insolito, generalmente certe cose ero abituato a farle da solo. Mentre incedevamo, avvertii forte l’impulso di stringerle la mano. Come difatti poco dopo feci, non appena me ne capitò l’occasione al suo primo cambio di mano della borsa, così allungai una mano e afferrai la sua. Matilde la ritrasse velocemente e con tono risentito disse.
<< Scusami, ma non mi sembra proprio il caso.>>
Rimasi impietrito, la reazione al suo rifiuto mi strinse la gola. Avvertii infuocarmi il viso. Non era il caso, avevo sbagliato tutto, tempi, comportamenti, per giunta la leggerezza di non aver capito di che pasta fosse fatta, in realtà nella mia sconsiderata azione non c’era assolutamente nulla di malevolo o strategico, mi ero solo lasciato andare all’istinto, quello di stabilire semplicemente con lei un contatto meno freddo e più affettuoso.
<< Scusami tu, davvero, sono imperdonabile, non avrei dovuto, non so neanche io come ho potuto. Se vuoi possiamo tornare a casa, anzi, se vuoi torno a casa per conto mio con un tassi, non voglio guastarti oltre la serata.>>
<< Dai adesso non esagerare, siamo abbastanza adulti per non rovinare tutto, dai su, sono cose che capitano e lo capisco, ascolta, facciamo conto non sia accaduto nulla, ti va? >>
Ebbi la stessa sensazione che proverebbe un pesce di mare gettato in un lago. Disagio e insofferenza. Quindi raccolsi su tutta la mia dignità maschile, feci un sorriso ed un gesto d’accordo con il capo.
<< Non devi provare imbarazzo, al contrario è apprezzabile, il tuo gesto mi lusinga come donna, del resto un maschio questo fa, piuttosto sarebbe anomalo il contrario non credi? L’ho capito che non ti sono indifferente sai, non sono mica scema, anzi che non hai tentato di baciarmi prima in macchina.>>
Scoppiammo entrambi a ridere, quindi  Matilde mi strinse in un caloroso abbraccio fraterno ….
Quell’abbraccio mise fine a tutto il mio orgoglio di maschio latino assieme alle mie già tenui e indecise speranze.
Proseguendo la nostra passeggiata passammo di fronte ad un pub dall’aria piacevolmente invitante. Su tutte le pareti arredate con scaffali in legno, c’erano esposti decine di libri fin sopra il soffitto. Ci guardammo senza dire una parola, così spinti dalla curiosità e un po’ dal freddo entrammo.
L’ambiente non eccessivamente spazioso, era diviso in due piccole sale, ma il clima era caldo e pieno di gente, il cameriere dopo qualche secondo che io e Matilde ci guardavamo attorno alla ricerca di qualcosa dove poterci sedere, ci venne incontro e ci ritagliò un piccolo spazio proprio davanti al bancone, dove seppure stringati e un po’ scomodi ci accomodammo. Eravamo praticamente appiccicati, uno con le ginocchia contro al’altra, tuttavia questo a Matilde non sembrò che le desse fastidio, tantomeno a me. Alla mia destra, appoggiato sul bancone, sedeva un tizio dalle braccia tatuate fino ai polsi, e forse alticcio nella stessa misura dei suoi disegni, il quale dopo poco, mentre noi per fatti nostri conversavamo,  si voltò e non so per quale strano motivo, pensò di informarci che da li a pochi giorni avrebbe festeggiato il suo quarantottesimo compleanno, invitandoci all’evento. Glissai il cortese invito supportato anche da Matilde, inventando un’improbabile viaggio a Milano, a quel declino, mesto e forse un po’ dispiaciuto, si voltò continuando a bere la sua birra.
Ben presto ci adattammo all’ambiente così piacevolmente evasivo, per cui non ci fu difficile acclimatarci quasi subito in uno stato di gradevole rilassamento, sembrava che tra di noi ci fosse un filo di confidenza in più, sorseggiavamo la nostra media chiara, con gusto, fumando una sigaretta di tanto in tanto. Matilde curiosa si osservava intorno, sembrava colpita dalla faccia del cameriere, un bel tipo dai colori rossi. Poi approfittando della confusione, volutamente mi accostai al suo orecchio  poggiando le mie labbra  sul suo lobo, e le dissi.
<< Bel tipo, per caso ti piace?>>
<< No, non è il mio tipo, ma non è male.>>
Non appena Matilde finì di pronunciare quella frase, non potei fare a meno di pensare al detto popolare del mio amico Flavio, a proposito di ciò che in realtà pensano le donne quando confessano un, no, o un forse. Ne dedussi quindi che il rosso, a detta di quel proverbio, non le dispiaceva affatto, ma forse, ragionevolmente non voleva ammetterlo, del resto il fascino di un tipo dietro un bancone è proverbiale, lo sanno tutti che razza di sciupa femmine sono i barman. Avrei giurato che anche a Sergio, è così che si chiamava il pel di carota, non dispiacesse Matilde, difatti lo beccai più di una volta a fissarla, e a lei questo non sfuggì, tanto che, un istante dopo, appena i nostri sguardi si incrociarono, un istante dopo averli beccati a fare occhi di ferro, scoppiammo entrambi a ridere.
Tra i miei tanti difetti, c’e n’è sempre stato uno a cui le donne difficilmente riuscivano a passarci sopra, ossia la mia totale assenza di gelosia. Un sentimento, se è così si vuol chiamare, che non mi è mai appartenuto, anzi, in qualche caso l’interesse di qualche uomo nei riguardi della donna che mi era accanto mi gratificava, se non addirittura mi intrigava. Il sottile acume di Matilde questo lo intuì.
<< Non ti da fastidio se qualcuno guarda in quel modo la donna che ti è accanto? >>
<< No. Perché dovrebbe? E poi in questo caso a che titolo? Comunque guarda, sarebbe lo stesso anche se tra di noi i rapporti fossero più intimi. Uno sguardo non toglierebbe nulla a nessuno dei due, anzi, questo semmai confermerebbe che tu risulteresti una persona desiderabile, ed io un uomo fortunato a starti accanto. Ovviamente sempre nella misura in cui un uomo si sporgesse. >>
<< Quindi fammi capire bene, come funzionerebbe, che se io adesso mi mettessi a far la scema, facendo gli occhi languidi  a quel tipo, a te non importerebbe nulla?>>
<< Non ho detto questo, non estremizzare, intendo dire che se hai voglia di giocherellare con la tua femminilità, stuzzicando un uomo per puro piacere ludico, probabilmente troveresti in me un complice adatto al tuo gioco, piuttosto che il solito rompipalle. E’ diverso, non trovi? >>
<< Trovo che questi giochetti, così come li chiami tu, a lungo andare tra una coppia, siano la strada più breve per finire dritti, dritti in un club privè a strofinasi nudi a  degli sconosciuti. >>
Un concetto che Matilde affermò ridendo spassosamente, quando ad un tratto fummo interrotti da Sergio, che stranamente dovendo decidere a chi rivolgersi dei due, guardò fissa Matilde ignorandomi del tutto, e con tono melense ed una faccia da pesce bollito le chiese.
<< Servo un’altra media?>>
Matilde non rispose subito, esitò qualche istante, mi fissò, forse per stupirmi, quindi si girò rivolgendo lo sguardo al barman, e con un sorrisetto ironico e malizioso rispose.
<< Come poter rifiutare se me lo chiedi con quel tono …>>
Il Giovanotto di colpo si fece rosso più di quanto non lo fosse già per sua natura. Levò in fretta i nostri boccali vuoti sul bancone, quindi con modi decisamente più commerciali, si girò verso me per sapere se anch’io ero della partita per un bis. Annuii con un cenno d’assenso del il capo, quindi si voltò e ricolmò nuovamente le due pinte di birra.
<< Hai visto la faccia che ha fatto? Ad una coppia “normale” questo non succede, sarebbe un divertimento negato, potremmo chiamarli pure piccoli vantaggi di una coppia senza l’ombra di quella becera gelosia. Quell’antipatica zizzania che alla fine tende a distruggere tutto senza lasciare neppure quel po’ di buono che esiste in una coppia. >>
Continuammo a gironzolare sul filone di quell’argomento ancora per un po’, fin quando ci accorgemmo che si era fatto abbastanza tardi. Stavolta fu lei a pagare il conto, quindi uscimmo per tornare verso la macchina. Essendo un giorno feriale non c’era troppo traffico, e le strade erano libere e scorrevoli, la serata da li a poco si sarebbe conclusa esattamente come le avevo scritto sul mio primo messaggio, in completa “serenità”.
Sulla strada del ritorno, tentai di immaginare cosa le potesse passasse per la mente, probabilmente nulla di ciò che credevo io, mi rinfrancava il fatto di sapere che non si aspettasse nulla da me, e quindi “forse”, non avevo illuso nessuna sua aspettativa, oppure “no”, mio malgrado questo non l’avrei mai saputo. Per quel che riguardava me, tutto sommato uscire con una donna senza che poi accadesse nulla, ad eccezione di quel fallimentare tentativo di prenderla per mano morto sul nascere, non era stata una cosa del tutto negativa, anzi, qualcosa era accaduto, avevo appagato il desiderio di trascorrere un po’ di tempo con lei pensando di averla fatta stare bene.
Giunti sotto casa avrei dovuto affrontare lo scoglio più complicato, il più imbarazzante, congedarmi da lei evitando ogni tipo di imbarazzo per entrambi, lasciando così di quell’incontro una traccia più pulita possibile. Un po’ come per un romanziere messo alla prova dall’ultimo capitolo del suo libro, l’epilogo di una storia che vale quasi sempre tre quarti della storia stessa, come se tutto lo scritto profuso sino ad allora, avesse poi un peso del tutto relativo, quasi poca cosa. Solitamente è proprio quello il momento, dove tra due persone, se deve accadere qualcosa, accade, in ogni film, romanzo, o nella vita reale, giunto il momento in cui ci si lascia sotto casa, abitualmente ci si aspetta il tanto atteso bacio. Una cosa che tra noi due non ci fu. A dire il vero, oltre che non ci fu nulla, mi accorsi soltanto una volta sceso di essere quasi fuggito via. Così facendo pensai di toglierle un peso, o chissà, forse più vigliaccamente di  liberarmene io. Fu solo a quel punto, mentre lei ancora stava facendo manovra per andar via che la chiamai, riaprii lo sportello sedendomi di nuovo accanto a lei, Matilde sgranò gli occhi sbalordita su cosa volesse dire il mio gesto e il mio silenzio. Quindi senza dire una sola parola, guardandola negli occhi ritrovai in un attimo la vena del mio racconto, il perfetto epilogo del mio ultimo capitolo, mi avvicinai e la baciai.     



    

     

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