martedì 8 marzo 2011

Racconto. "La telefonata"


Il Natale era alle porte, ancora dieci giorni e avremmo tutti festeggiato il felice evento con i propri affetti come suggerisce il detto popolare, “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Il lavoro era notevolmente aumentato, ad eccezione che nell’orario di pranzo, dove la gente se ne stava più comodamente chiusa al calduccio della propria dimora piuttosto che uscire per andare a farsi tagliare i capelli. Fu proprio in quei giorni, attorno all’ora di pranzo, come sua abitudine, che venne a trovarmi il dott. Giuliano C. uno stimato ricercatore medico, noto per aver scoperto qualche anno prima, assieme alla sua equipe di ricerca, un rivoluzionario metodo contro una devastante malattia del sangue. Il solo pensiero che un prestigioso luminare fosse mio cliente mi colmava d’orgoglio, e ogni volta non potevo fare a meno di pensare che grazie al suo sapiente lavoro, tanta gente continuava ancora a sopravvivere. Il dottor C. era un ometto non più alto di un metro e sessanta, smilzo, con un paio di occhiali spessi come il fondo di un bicchiere da cognac. Una testa fitta di capelli cacio e pepe, drammaticamente ingovernabili e piena di vertigini, per cui ogni volta era necessario tagliarli molto corti. Un uomo dall’aspetto decisamente insignificante, aveva modi così gentili e cortesi e una dose di umiltà, tanto da non far pesare assolutamente il suo spessore, dove invece, generalmente è quasi naturale trovare in persone di un certo calibro, qualche sopracciglio eccessivamente arcato, una cosa questa che in lui non vidi mai. Una personalità mite e cordiale, una figura dalla quale non ci si aspetterebbe mai nulla di che, ero certo che sarebbe passato inosservato ovunque ed in ogni circostanza. Perlomeno questo era ciò che affiorava dalle sporadiche visite che faceva nel mio salone all’incirca una volta al mese. Il rito era sempre lo stesso, lo conoscevamo entrambi benissimo, lui entrava, ci stringevamo cordialmente la mano, quindi sommariamente ci informavamo in modo reciproco come andasse il tutto, quindi si sedeva dove già sapeva, e senza chiedere come, io iniziavo il mio lavoro. Quel pomeriggio a differenza di sempre, aveva una certa premura, così mi pregò di fare prima possibile. Accondiscendente alla sua richiesta mi calai in un religioso silenzio, ed iniziai la potatura. Venti minuti dopo era già bello e servito. Senza esitare un attimo, ne guardandosi allo specchio si alzò, l’aiutai come abitualmente faccio con tutti ad infilarsi il paltò, ed era già alla cassa per pagare. Ci facemmo i soliti fugaci saluti, ed uscì.
***
Ripresi così l’abituale riordino del negozio, rimisi a loro posto gli attrezzi, spazzai a terra, lucidai lo specchio e asciugai il lavabo dagli schizzi dello shampoo, quando d’improvviso un’insolita suoneria iniziò a trillare. Mi guardai in giro ma non capivo, non era un suono familiare, quando d’un tratto mi cadde lo sguardo sulla toletta del mio posto di lavoro, e vedo che poggiato accanto al lavandino un cellulare. Nella fretta di uscire il dottore lo aveva dimenticato, guardai istintivamente il display, dove c’era scritto “Laboratorio analisi R.” Per educazione non risposi, mentre continuava a trillare per qualche altro secondo fin quando poi cessò. Il problema che mi posi all’istante era quello di capire come farglielo riavere, in un’agenda nel cassetto della cassa avevo il suo numero, ma purtroppo era quello del cellulare, il che fu del tutto inutile dato che il suo telefonino era li con me. Ero comunque certo che da li a poco se ne sarebbe accorto e che sarebbe certamente sarebbe tornato indietro per riprenderselo. Ma dopo qualche minuto iniziò a squillare nuovamente, sul display la stessa dicitura di poco prima, a questo punto pensai che poteva essere una cosa di una certa urgenza, così mi decisi a rispondere.
<< Pronto?>>
Questo fu tutto ciò che riuscii a dire, non ebbi tempo di aggiungere una sola parola in più che fui praticamente inondato come un fiume in piena da una voce di donna, che con tono sprezzante gridava all’indirizzo del dottore parole che mi fecero sussultare.
<< Giuliano!!! Brutto farabutto, dove sei finito? Sono qui ad aspettarti da oltre quaranta minuti,  ma cosa credi sia un oggetto? Ora basta!! mi hai esaurita … non ce la faccio più, deciditi una buona volta, o stai con me o resti con tua moglie, non sono più disposta ad accettare nessun compromesso, tantomeno a farmi trattare come una pezza da piedi. >>
Basito e  impossibilitato a replicare, la donna dall’altro capo del telefono aggiunse. << Da oggi non mi cercare mai  più, non farmi diventare cattiva Giuliano!! perche se voglio diventarlo lo saprei fare benissimo, quindi o tiri fuori le palle o puoi pure considerami morta!!! Clik…>>
Fine della comunicazione.
***
Seppure involontariamente, mi resi conto di essermi infilato in un bel pasticcio. Lo sapevo, non avrei dovuto rispondere. Ora come avrei agito? Mio malgrado ero venuto a conoscenza di fatti  privati sul conto di un cliente. Tuttavia avevo la coscienza pulita, le mie intenzioni erano tutt’altro che malevole, non potevo di certo immaginare nulla di simile. Il dilemma che mi si presentava adesso era: svuotare il sacco con il dott. C., oppure fingere di non sapere nulla ed ignorare il tutto? Sta di fatto che, una sola cosa mi era chiara come il sole, e cioè, colui che credevo essere un individuo mite ed inoffensivo, si era rivelato essere una specie di dottor Jekyll e mister Hyde. Dietro quello sguardo così mesto, nascosto dietro quelle spesse lenti da secchione, si rifugiava una persona infedele alla stregua di un traditore. La stima che sino ad allora nutrivo per l’uomo, di colpo scese a capofitto fin sotto la suole delle scarpe. Fu solo allora che decisi di non tenere nascosto nulla, non appena fosse tornato a riprendersi il telefono gli avrei esposto l’accaduto.
Frattanto il telefono squillò altre due volte, nella prima chiamata era indicato un numero di rete fissa, segno evidente che chiunque fosse, non era memorizzato nella lista della rubrica telefonica. Nella seconda telefonata invece, il display appariva il volto di una donna, e in basso un nome, “Carla”, pensai subito si trattasse di sua moglie. Intanto si erano fatte le tre del pomeriggio, ma del dottor C. neppure l’ombra, al suo posto invece iniziò ad arrivare qualche cliente. Ma quando oramai non ci pensavo più, attraverso la vetrina, da lontano, lo vedo arrivare a passo lento era proprio lui, il dottor C., il quale una volta entrato, come sospettavo, mi dice di essere passato per riprendersi il telefonino. Ma mentre faccio per andare verso la cassa a prenderlo, mi stoppa dicendo di non avere alcuna fretta, e che poteva tranquillamente aspettare che finissi il servizio in cui ero impegnato. Notai dal tono con cui mi fu fatta la richiesta, che secondo lui non c’era il benché minimo dubbio che non fosse li, proprio come se in qualche modo lo sapesse già, evidentemente aveva già parlato con la donna che lo aveva insultato qualche ora prima. Una volta rimasti soli, con un certo imbarazzo mi dice di dovermi delle scuse a causa dell’imprevisto disagio a cui in qualche modo avevo dovuto partecipare. Preso alla sprovvista risposi la cosa più banale che mi balenò per la testa. << Che vuole dottore, sono cose che capitano … >>  
<< Chissà quali strane idee si sarà fatto sul mio conto >> rispose, abbozzando un leggero sorriso. Dopo tanto tempo era la prima volta che affrontavamo un argomento che non fosse quello di pura cronaca come solitamente capita tra un cliente ed il suo barbiere, la cosa mi sembrò stranissima e mi gettò nel più profondo imbarazzo, arrivando persino ad avvertire il viso infuocarsi e farsi rosso.
Quindi, sempre più flemmatico aggiunse << Tuttavia credo sia giusto darle delle spiegazioni, in primo luogo per l’incomodo che si è preso a causa della mia stupida dimenticanza, ed in ultimo a salvaguardia della mia immagine nei suoi confronti, cosa a cui tengo di più in quanto non vorrei venisse rovinata, tantomeno messa in discussione in alcun modo per un banale equivoco provocato dal gesto irresponsabile di una mia collega di laboratorio. >>
Iniziavo a non capire più nulla, ma lui proseguì aggiungendo:
<< La persona che l’ha contattata stamattina è una mia collaboratrice di laboratorio, che per sua sfortuna od incoscienza, ha stretto una relazione sentimentale con un uomo sposato, un farabutto che non fa altro che sfruttarla continuamente approfittandosi di lei in ogni modo e maniera. Appurato ciò, deve sapere che questo indegno individuo porta il mio stesso nome, Giuliano, difatti la telefonata che lei ha sentito, non era diretta a me, ma bensì a lui, difatti, stamattina la signorina al culmine della sopportazione ed in preda ad una crisi d’ira a seguito dell’ennesima prepotenza subita, lo ha chiamato per dirgliene quattro come meglio se la sentiva, ma erroneamente ha pigiato invio al primo Giuliano che le è apparso sulla rubrica del display, senza badare però, che quel “Giuliano” corrispondeva al mio numero e non al suo. >>
***
Dovevo credergli? Non lo so, sta di fatto che seppure non fosse stata la verità, quelli che avevo sentito non erano di certo fatti miei. C’era comunque da dire che così come l’aveva imbastita, era una spiegazione abbastanza plausibile, ci pensai su un attimo, ma dopo poco finii per convincermene del tutto. Appurato l’equivoco ci salutammo con la stessa cordialità di sempre come se nulla fosse accaduto ed uscì. Aspettai che fosse lontano dal negozio, spazzai quel po’ di capelli rimasti a terra e così facendo mi concessi una breve pausa per un caffè al bar. Attaccai alla vetrina il cartellino del “Torno Subito” e mi diressi di corsa sul marciapiede di fronte. Una volta entrato nella caffetteria e ordinato un caffè macchiato, faccio per girarmi e chi ti vedo poggiato al bancone ad un paio di clienti più in la? Proprio lui, il dottor C. tutto preso in una fitta conversazione al telefono, mentre nervosamente roteava il cucchiaino nella tazzina del caffè.
<< Rita, ti ripeto, è tutto a posto, non farti prendere dall’ansia, la cosa è sotto controllo credimi, ti dico che se l’è bevuta, non insistere, e non ti preoccupare, ho chiarito tutto, ti ripeto che non ha alcun legame con mia moglie, è solo il mio barbiere, figurati … Carla neppure la conosce. Tu piuttosto  mi raccomando, non cadere più in certi errori, stavi per provocare un bordello. Piuttosto, prima mi ha chiamato mia moglie, stasera dobbiamo partire per la Toscana, ma ti prometto che stavolta al rientro dalle vacanze ci parlerò una volta per tutte, giuro … Dai, ci vediamo più tardi tesoro, ti mando un bacio amore …>>
Interruppe così la comunicazione, poi mentre stava per uscire mi passò davanti quasi sfiorandomi a meno di un centimetro e senza neanche accorgersi che gli ero di fronte. E così, il mite dottorino … A volte basta una solo una telefonata per capire chi in realtà si rifugia nei panni di chi ti sembra la persona più insignificante ed innocua di questo mondo. Un farabutto, proprio come lo chiamò lui stesso.


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