L’ansia da prestazione
Arrancavo da circa un paio d’anni nel tentativo di uscire da un tunnel sempre più buio, e dal quale credevo non venirne più fuori.
Avevo appena compiuto quaranta anni, soltanto dieci anni prima avevo giurato a me stesso che a questa età avrei raggiunto gli obbiettivi che mi ero posto sino ad allora.
Così pur di ottenerli imposi a me stesso di studiare anche di notte fino ad ottenere quei famosi pezzi di carta, indispensabili a cambiar volto al mio lavoro e alla mia esistenza, e grazie ai quali, avrei avuto modo finalmente di esercitare la tanto sospirata professione di intermediatore immobiliare.
La mia vita sino ad allora era proseguita tutta in salita, e come si dice in queste casi, sarei riuscito a trovare un giusto spazio in una classe sociale più agiata e condita di tutte quelle cose apparentemente “necessarie” che fanno di un uomo una persona di successo. La costosa automobile, gli abiti firmati, orologi preziosi, la seconda casa al mare, l’iscrizione al circolo più rinomato della città. Dettagli senza dubbio appariscenti, ma essenzialmente del tutto futili.
A trentasette anni iniziarono i miei primi incontri con un analista. Le motivazioni che mi spinsero a contattarla, erano legate ad alcuni episodi riguardanti la sfera intima della mia esistenza, disguidi che avrebbero allarmato ogni uomo, in aggiunta ad un notevole stress che pian piano iniziava a minare e a mietere vittime tra tutti coloro con i quali, per un verso o per l’altro avevo a che fare.
Di certo un pessimo requisito per chi come me, aveva il dovere di apparire agli occhi delle persone con cui trattavo, una certa loquacità e massima disponibilità.
La causa scatenante di tutto avvenne il giorno in cui si verificò la mia prima cilecca. Nulla … “lui” il mio sesso, sembrava completamente scollegato dal cervello, inutile starvi qui a raccontare come un orgoglioso maschio trentacinquenne, nel pieno delle sue forze fisiche e mentali, possa rimanere in simili circostanze.
Inoltre un elemento aggravava pesantemente il tutto sul piano psicologico.
Per chi quell’età l’ha già superata, sa bene che può capitare facilmente di essere oggetto di interesse sessuale da parte di donne molto più giovani di te.
Ed era proprio in tali situazioni che entravano in gioco le maledette “pippe mentali”, ovvero, l’ansia da prestazione; l’imbarazzo e il senso di competizione con uomini più giovani.
Senza alcun dubbio, certe esperienze non le avrei augurate neppure al mio peggior nemico. Nella mente si andavano ad innescarsi meccanismi diabolici, si inizia ad essere risucchiati da una spirale di autoconvinzione inconscia, per il quale si inizia a credere che certi strani fenomeni, siano ad effetto domino, e ripetersi di continuo, come difatti fu per me, con il magro risultato poi, di trascorrere i tre anni più tormentati di tutta la mia vita.
Le sedute dallo strizza cervelli servirono a ben poco, e probabilmente come saggiamente suggeriva l’analista, taluni blocchi avevanoi loro tempi naturali, arrivano improvvisamente così senza preavviso, e come d’incanto un giorno spariscono, chiaramente tutto questo solo una volta acquisita quel po’ di serenità interiore mancante a causa di una vita troppo sregolata.
Il risultato fu che per i nove mesi successivi non toccai una donna, pur desiderandola moltissimo.
Una mattina in quel canonico periodo di astinenza forzata, dovevo incontrare un cliente che vendeva un appartamento a causa di un trasferimento di lavoro all’estero, avrei dovuto fare una stima al suo patrimonio immobiliare e successivamente trovargli un acquirente a cui venderlo.
La sera prima, si svolsi il solito rituale che ormai andava avanti da troppo tempo, mi ero intrattenuto davanti al televisore fino a tardi, poi verso le due e mezza mi addormentai sul divano. La mattina seguente al risveglio mi sentivo uno straccio, ma subito dopo una doccia calda, ero lì davanti allo specchio cercando la cravatta più intonata all’abito fresco di tintoria e pronto a raccogliere le mie più accattivanti idee su come affrontare il mio impegno.
Avvocato R. Busi, questo era il nome che Barbara la mia segretaria aveva scritto sulla mia agenda, sottolineando l’indirizzo e il civico della proprietà in vendita, seguita da un’ annotazione che diceva “L’appuntamento e’ alle h:10,30 in via Cola di Rienzo davanti al bar Castroni, l’avvocato vuole prima incontrarla, dopodiché la condurrà all’appartamento non lontano da lì. N.B: persona molto risoluta, e garbata, se le serve il numero del suo cellulare mi contatti.”
Generalmente questo tipo di richieste un cliente le fa quando vuol spiegare a chi dovrà occuparsi poi dell’affare, elementi o indicazioni preliminari che siano di comune accordo tra le parti, quindi se poi si sente soddisfatto, assieme si visita l’immobile.
Alle h:10,00 ero già davanti al bar indicato, l’ampio anticipo mi diede la possibilità di fare colazione comodamente seduto e leggermi il giornale che avevo comprato appena sceso di casa.
Era una bellissima giornata di sole, mi sentivo bene nonostante l’itera nottata passata sul divano, intravedevo compiaciuto la mia immagine riflessa nella vetrina del bar, impettito ero lì a gambe accavallate, con il quotidiano spalancato davanti al naso, i resti della colazione consumata con gusto sul tavolino.
Di fronte a me sedeva un’elegante donna mora nascosta dietro un paio di occhiali scuri che non permettevano di guardarle gli occhi, non capivo neppure se mi stesse osservando o meno, seppure la direzione della sua testa era rivolta proprio al mio tavolo. Indossava una camicia bianca gessata a costine larghe, i pizzi lunghi, la scollatura sufficientemente audace, da far intuire un seno forte. Una gonna stretta grigio scuro in tono con la camicia, e delle scarpe aperte color rosso vinaccia.
Mi ricomposi un po’.
L’osservavo con la coda dell’occhio, quando ad un tratto la vidi allungare una mano per afferrare il bricco del caffé, ma senza accorgersene lambì casualmente il piccolo telefono cellulare appoggiato sul bordo del tavolino, facendolo così cadere a terra. Spostai un angolo del giornale, piegai la testa in basso in direzione del telefono, fu allora che notando il mio movimento, mi guardò senza dire nulla, oscillando la testa a destra e a sinistra come per alludere a qualcosa del tipo, “qualche problema?” alzai lo sguardo la fissai, lei sollevò gli occhiali sulla fronte sgombrandole il viso dai capelli, mostrando così due occhi neri colmi di carattere, uno sguardo penetrante che mi bucò.
Cazzo era bellissima… ai lati della bocca i solchi forti d’espressione cingevano due polpose labbra rosse, le mascelle larghe lasciavano intuire una dentatura forte.
La fronte perfettamente rettangolare, spaziosa al punto giusto, le tempie stabilivano il giusto confine dell’attaccatura di quella che sembrava una cascata di capelli nero corvino.
Cercai di non darle l’impressione di un ragazzino di quindici anni folgorato dalla sua bellezza prepotente, così con un leggero accenno di sorriso le dissi.
<< Le é caduto il cellulare, credo non se ne sia accorta >>
Piegandomi come nel gesto di raccoglierlo,ma lei fu più veloce, scavallò le gambe con la grazia di una ballerina di danza classica, allungò una mano e in due secondi il telefono era di nuovo sul tavolino a far compagnia al bricco del caffé.
<< Molto gentile, la ringrazio, ad essere sincera non me ne ero accorta, mi scusi per di un attimo fa, non volevo essere scortese, ma credevo volesse attaccar bottone >>
Rispose sfoggiando un largo sorriso dando sfoggio a denti bianchissimi.
<< Ovviamente non conoscendoci capisco bene ciò che può aver immaginato >>
Quindi aggiunsi.
<< Sa non è proprio nel mio stile tentare abbordi con persone che non conosco, per di più in strada, mi creda oltre che non ne avrei il coraggio, non saprei neanche da dove iniziare, sono un inguaribile timido, quasi una frana, anzi, tolga pure il quasi >>
A queste mie confessioni ci fece su una risata mista tra l’imbarazzo e il divertito.
La naturale ammissione di certo le piacque, assunse così una posizione più rilassata e leggermente verso la mia direzione. Accavallò nuovamente le gambe.
<< Vede, le donne io le faccio ridere, ma non più di quello >>
Aggiunsi ridendo anch’io.
<< Forse lei ignora il diabolico potere che esercita un uomo su di una donna quando riesce a farla ridere di cuore…potrebbe ottenere di tutto da chiunque >>
mi disse con aria lievemente misteriosa.
“ Mi scusi, ma lei crede davvero che io possa nasconda qualche misterioso potere diabolico? Le faccio una domanda, mi risponda con sincerità, lei per caso un istante fa stava forse ridendo di cuore? >>
A questa mia inaspettata domanda fatta a bruciapelo, le si spense il sorriso dalla bocca sino a svanire del tutto, poggiò il bicchiere d’acqua, afferrò il tovagliolino di carta sul tavolo ad uso della colazione si asciugò le labbra e disse.
<< Lo vede che qualcosa di diabolico c’è anche in lei? In ogni uomo esiste, mi fa una domanda personale e direi inopportuna rispetto a ciò che avevo affermato pochi istanti prima, non trova? Cosa è questo se non diabolico? In ogni caso siccome sono una persona sincera come vuole che io sia, e come per natura io sono… le dirò che il mio sorridere di prima era di cuore, ma senza nessuna velleità nel tentare di ottenere nulla, contento? >>
<< Ecco, ho di nuovo combinato un pasticcio, mi creda non volevo assolutamente indisporla, la mia non voleva essere una provocazione, tanto meno un mero tentativo per sondare alcun terreno, ma solo una semplice curiosa domanda,
pensare che possa aver riso solo per il gusto di ridere, mi avrebbe fatto piacere, tutto qui”
Risposi convinto, non nascondendo tra le righe una sfumata fermezza nella risposta.
Ci fu un’interminabile minuto di silenzio. Le avevo mostrato carattere.
Con aria spazientita controllò il suo orologio, si guardò attorno come se stesse aspettando qualcuno che si faceva attendere, si accese una sigaretta a poca distanza dalla precedente, nel frattempo gli occhiali erano tornati al loro posto naturale, lessi la cosa come una chiusura.
Di colpo mi venne a mente il mio appuntamento delle 10,30 con l’avvocato R. Busi, controllai anche io il mio orologio erano le 10,45, il mio cliente aveva un ritardo di un quarto d’ora, chiamai Barbara in ufficio sollecitandole di contattare l’avvocato e farsi dire il motivo per cui non era ancora arrivato, e soprattutto cosa avrei dovuto fare, se aspettarlo o meno.
Cinque minuti dopo Barbara mi chiamò per comunicarmi che non poteva mettersi in contatto con l’avvocato, informandomi che il suo telefono risultava essere spento. La ringraziai, e ricordandomi di non avere altri appuntamenti nel corso della mattinata, le dissi che avrei aspettato qui altri dieci minuti, per poi tornare in ufficio in giornata.
Non volevo affatto rovinare una mattinata di sole come quella per un appuntamento bucato, e poi mi infastidiva l’idea di aver interrotto in quel modo arido la conversazione con quella donna di cui avrei voluto sapere di più.
Aspettai il momento giusto che lei fosse girata verso di me e le dissi
<< Bhé sembra che la nostra conversazione non abbia avuto un gran successo, anzi, sembra abbia alterato i nostri umori, mentre invece credo dovremmo essere alleati, suppongo che stia aspettando una persona che non arrivi. Comunque mi scusi per il tono di prima >>,
Così dicendo le porsi la mano e dissi,
“ Comunque piacere, io mi chiamo Vanni ”
<< Ma si immagini, ci vuole ben altro per alterare il mio umore, ad ogni modo piacere mio, io mi chiamo Rita >>
Rispose mostrando un sorriso solare in piena simbiosi con i colori della giornata. Stese la mano per afferrare la mia con un certo vigore nonostante fosse una mano sottile come quella di una liceale, la morbidezza della sua pelle, il suo sguardo fissava il mio con cordialità, non si mostrava assolutamente risentita.
<< Sa cosa mi fa pensare tutto questo? >> Le dissi sorridendo
<< Ad una frase che mio nonno ripeteva spesso, e cioè, che non tutti i mali vengono per nuocere, le sembrerà banale ma aver avuto occasione di conoscerla, seppure in una circostanza così bizzarra mi è piaciuto. Questo è il mio modo di dirle che la sua presenza mi fa sentire bene, ecco tutto.>>
<< Guardi potrei diventare rossa di fronte a tanta galanteria d’altri tempi, scherzo, anzi ne sono molto lusingata, mi ha fatto un gran complimento grazie di cuore davvero, da molto tempo non sentivo un uomo dire cose del genere >>
Era sincera, lo si leggeva nei suoi occhi.
Le sue parole mi fecero piacere a quel punto mi feci coraggio e le chiesi.
<< Crede che sia troppo sfrontato se le dicessi che mi piacerebbe tanto bere un qualcosa seduto al suo tavolo?>>
<< Direi proprio di no! Non è mia abitudine, ma il destino questa mattina sembra ci abbia riservato la stessa sorte, non vedo cosa ci sia di male continuarla a dividere assieme bevendo un caffè allo stesso tavolo, d’altra parte pericoli non ne correrò di certo, venga prego si accomodi. >>
L’invito a sedermi tuttavia mi colse impreparato, pensai potesse glissare la mia richiesta con una qualsiasi scusa, goffamente raccolsi le mie cose mi voltai e trovai posizione nella sedia alla sua sinistra.
Mi resi conto subito che tra i due l’impacciato ero io, Dio adesso cosa le avrei detto, quale argomento affrontare evitando di dire sciocchezze, non ero abituato a simili pratiche, mi ero infilato in una situazione imbarazzante, vero è che non era mia abitudine “rimorchiare” donne in strada, ma dovevo pur uscirne fuori, reagire.
<< Allora guardi l’aiuto io >>
Disse prontamente lei dopo due secondi di incertezza, intuendo miracolosamente la mia situazione.
<< Si segga comodo, magari chiami il cameriere per farsi portare quello che desidera bere, ma soprattutto si rilassi, che fa adesso mi si blocca? non sa come affrontare la questione? Non è semplice eee…Aveva ragione, lei quando ammetteva di non saper gestire certe situazioni, si vede lontano un miglio che non ha molta dimestichezza. Posso suggerirle una cosa? >>
Aggiunse a bassa voce sporgendo il busto come si usa fare quando non si vuole che altri sentano
<< Se è vero che certi uomini hanno la capacità di ottenere molto dalle donne facendole ridere proprio come le dicevo un attimo fa, nulla è a confronto di ciò che possono ottenere alcuni altri uomini che si mostrano senza difese come lei in questo momento. Niente di personale, la prego non mi fraintenda, legga la cosa nel modo più carino possibile, esattamente per come glielo ho confessato. >>
Tirai un sospiro di sollievo, “ Alleluia” Dissi con gioia
<< Accidenti che potere, in due parole mi ha tolto da un grande impaccio da cui mi sentivo davvero stretto. Ma non sono sempre così, è il ghiaccio iniziale che trovo difficile infrangere, una volta superato quell’ostacolo poi va tutto meglio.>>
<< Oddio cosa dovrò aspettarmi ora, devo forse preoccuparmi per i prossimi dieci minuti? >> Disse sorridendo con lo sguardo scherzosamente preoccupato.
<< Mha!! Chissà staremo a vedere… magari potrei corromperla proponendole un secondo caffè, o addirittura spingermi più in là tentando un invito a pranzo”>> Risposi sogghignando, stemperando cosi l’aria che s’era creata a causa del mio disagio.
Intanto dal bar usciva un mio conoscente, uno di quei tipi che saluti tutti i giorni durante la pausa pranzo, conosciuti chissà dove e chissà quando, presentato da non ricordo chi, una di quelle persone mai trattate che ogni volta che ti incrocia sembra essere sempre il tuo compleanno lasciandosi a manifestazioni talvolta eccessive e fuori luogo, come appunto in questi casi dove ti piacerebbe non imbatterti in nessuno per non sottrarti a ciò che stai facendo.
<< Vanni come stai >>
Disse strizzandomi simpaticamente l’occhiolino, neanche fossimo due boy scout tornati insieme da una gita ai laghi.
Ovviamente non ricordandomi il nome, seppure l’abbia mai saputo in un lontano passato remoto, cercai di ricambiare il saluto con lo stesso tono, sforzandomi di far uscire dalla bocca un sorriso quanto più veritiero ma sicuramente più spento del suo.
<< Che sorpresa, che ci fai qui? >> Gli chiedo con la peggior faccia da culo
>> Ma come sarebbe Vanni!!! >> Mi risponde lui con aria sbalordita.
<< Ma che domande mi fai, non sai che ho uno studio legale proprio di fronte al tuo ufficio?, sei sempre il solito burlone, non cambi mai >>
Poi volgendo lo sguardo verso Rita spudoratamente le dice
<< Suo marito è sempre stato cosi sa, si figuri che se non ci fosse stato lui al liceo saremmo morti tutti di disagio esistenziale, io le parlo per quello che posso ricordare nel primo anno, poi cambiai istituto e ci perdemmo di vista, si figuri che una mattina fece accorrere un’ambulanza a scuola dicendo che il vecchio preside era in fin di vita colpito da una sincope, o come quella volta che ordinò trenta caffè al bar di fronte la scuola imitando al telefono la voce del bidello, le garantisco, davvero un mito >>
Rita avendo furbamente intuito che non mi ricordavo affatto del profanatore di momenti magici, stette magistralmente al gioco dicendogli
<< Non so proprio cosa dirle, uomini come Vanni raramente perdono la loro sindrome da Peter Pan esternandola di tanto in tanto nelle occasioni più disparate, questo è uno dei tanti motivi per cui l’ho sposato >> Aggiungendo,
<< Ma mi dica sbaglio o mi è parso di capire che lei è avvocato >>
La mia faccia intanto era diventata un arcobaleno appena dopo un acquazzone, frattanto mi ero ricordato del cretino e anche del suo nome, Bonomelli, si chiamava proprio come la camomilla, un idiota sempre dietro le quinte, continuamente in attinenza con il suo cognome sonnolente, mite, tranquillo ed inutile ad ogni causa collettiva, produttiva o meno. Rita magistralmente capovolse le sorti di quella che poteva rivelarsi una gran seccatura, avviando una sterile conversazione, costringendo l’ometto ad un botta e risposta di amenità, credo si volesse divertire alle sue spalle o per lo meno intuii che ne aveva una gran voglia.
<< Si signora sono avvocato, avvocato matrimonialista per la precisione, e mi auguro di non doverla mai incontrare come cliente nel mio studio, seppure sa, come si dice… mai dire mai, giusto Vanni?>>
Mi disse piegando la testina pelata decorata da due orecchie simili a quelle di un ciuco siciliano, con le mani sicuramente sudaticce, in tasca ad un paio di pantaloni color cacarella, oramai lo odiavo. Rita a questa affermazione fu lestissima, non mi diede il tempo di replicare dicendo.
<< Mi creda avvocato, ammessa l’ipotesi che la sventura possa accadere, e mi dia libertà di considerarla al momento un’ipotesi quantomeno utopica, temo che il suo studio non avrei comunque il piacere di visitarlo, qualcosa mi dice che potrei considerare tutta la faccenda in modo più razionale e meno esoso nel mio studio>>
Così dicendo, sorridendo gli tese la mano dicendogli,
<< Sono una sua collega, piacere, avvocato Rita Busi. >>
Mi voltai di scatto fissandola con occhi allucinati !!! Lei era il mio appuntamento bucato delle 10,30… difatti Barbara nelle note aveva appuntato Avv. R. Busi… Era proprio lei !!!
“Una collega!! hai capito il Vanni, ti sei sposato un avvocato, che furbo, me lo avessero detto non ci avrei mai creduto, la trasgressione fusa all’osservanza delle regole, è proprio vero che la gente cambia, col tempo si iniziano ad apprezzare cose di cui in passato non si dava peso, trovo tutto questo meraviglioso, complimenti davvero amico mio >>
In un primo momento il sottile sarcasmo del Bonomelli mi aveva lasciato indifferente, ma dopo essermi accorto di un mezzo sorriso ironico di Rita alla piccola requisitoria dello scimunito dai lunghi colletti inamidati sul conto dei miei trascorsi liceali mi fece irritare, allora gli chiesi di accomodarsi al nostro tavolo, se dovevamo giocare, allora dovevamo partecipare attivamente tutti e tre, me compreso, lo rimirai bene in faccia con aria trasecolata e gli dissi:
<< Riccardo Bonomelli… ora ci sono, ecco chi diavolo sei, il “camomilla >>
Poi sfoggiando un ampio sorriso aggiunsi:
“Di certo non ti offenderai se rispolvero il tuo simpatico nomignolo usato ai vecchi tempi spero, ma come no, il mio vecchio compagno di liceo >> E rivolgendomi a Rita, aggiunsi.
<< Pensa tesoro, Riccardo già da piccolo dimostrava già una certa predisposizione, all’equa misura, alla morigeratezza. Si questo forse è il termine che più ti calzava, non trovi? Mai che avesse contribuito a qualcuna delle nostre lotte di classe, per non parlare delle occupazioni della scuola, nulla, Riccardo di fronte a certe vicende rimaneva assolutamente disinteressato. Un vero qualunquista. Ti ricordi Riccardo quel pomeriggio quando intervenne la polizia dove ci fu quella carica dei celerini per riprendere possesso della scuola occupata? Beh una volta andati via i poliziotti con un pugno di mosche in mano, ti venimmo a cercare persino nelle cantine, macché, nulla, volatilizzato …, e ti ricordi poi cosa ci dicesti due ore dopo quando ti scovammo in presidenza assieme ai professori, l’unico posto dove mai avremmo creduto di ritrovarti? >>
Rita da vera serpe guardandolo fisso con una di quelle facce che si fanno quando si stai morendo dalla voglia di sapere sfacciatamente gli chiese:
<< Cosa disse avvocato, perdonerà la mia curiosità, ardo dalla voglia di sapere? >>
A quel punto l’avvocato cambiò espressione, assumendone una simile alle tante viste in tribunale da parte di chi siede sul banco degli imputati sotto pressione, la sedia dove lo avevo esortato ad accomodarsi iniziò a bruciargli sotto il sedere, passandosi poi ripetutamente il dito indice della mano all’interno del colletto della camicia tanto era sudato, ed io lo guardavo e godevo sazio di vendetta.
Ad un tratto con aria seccata senza guardare in faccia nessuno dei due rispose:
<< Ma nulla si immagini cosa potevo capire a quell’età di repressioni scolastiche, in gioventù sono sempre stato poco attento a queste cose bellicose, ero molto più attento ad altro >>
Io e Rita complici ci voltammo guardandoci all’unisono, avevamo capito a quali pettegolezzi era interessato il camomilla. E alzandosi concluse:
<< Comunque, si sta facendo tardi, tra poco arriva un cliente in ufficio e non voglio farlo aspettare, non è nel mio stile >> Così porgendo la mano in segno di commiato a Rita aggiunse con un lieve tono di sfida nei miei confronti:
<< Sono certo signora che anche suo marito non ritarderebbe mai ad un appuntamento di lavoro >>
Rita esibendo un sorriso diplomatico stringendogli la mano disse:
<< Mah.. per quanto irreprensibili si possa essere, talvolta capita di mancare ad un appuntamento anche senza volerlo, magari per una pura e semplice banalità, pensi che giorni fa io stessa ne sono rimasta vittima. Il mio cellulare risultava spento dopo essermi caduto a terra, impedendo così a chiunque di rintracciarmi, aspettando invano un immobiliarista per più di un’ora pensando così di aver preso una buca, ignara del fatto che involontariamente la stavo dando io. Ciò nonostante capita spesso di rimane vittime di tali imprevisti, come è accaduto a mio marito appunto questa mattina, proprio con un nostro collega si immagini, imperdonabile per la nostra categoria non trova? Tuttavia Trovo che non sia stato poi un danno cosi grave, anzi, il contrattempo ci ha dato modo di incontrarla, altrimenti chi sa quando sarebbe stato possibile, e se mai ce ne sarebbe stata occasione, non trova? >>
Aveva capito tutto…possedeva un’intelligenza straordinaria, ma forse si trattava semplicemente di intuizione femminile, dote che molto spesso fa la differenza.
Il Bonomelli con zelo alzò i tacchi e frettolosamente era già all’angolo di via Tacito sparendo alla nostra vista tra la gente diretto al suo studio.
Io e Rita dopo esserci spiegati e divertiti sull’accaduto, decidemmo di regalarci un pranzo assieme. Da quella mattina di pranzi ce ne furono altri e altri ancora, dividemmo insieme anche molti fine settimana, un paio di vacanze, natali e capodanni.
Sono passati cinque anni da quell’ incontro bizzarro, di qui tre da sposati, ed uno da papà, dal momento che conobbi Rita, i miei problemi terminarono, ora sono un uomo libero da ansie, dubbi, insomma un uomo gioioso di vivere la vita.