Così dopo sette lunghi anni di spinosa convivenza con Elisa, sarei tornato nuovamente a far parte della sempre più nutrita categoria dei single. Pensare che all’inizio della nostra storia, che per altro credevo e speravo fosse un definitivo punto fermo nella mia vita, non avrei mai e poi mai immaginato di ritrovarmi nuovamente da solo ad un passo dai cinquant’anni.
Di certo tutto questo non era nei miei propositi, tanto meno nelle mie intenzioni. Ma è pur vero che nella vita una sola cosa è certa, ed io evidentemente questo proverbiale saggio popolare non l’avevo considerato affatto. Avrei dovuto così riorganizzare tutta quanta la mia esistenza, con l’unica differenza di qualche anno in più sulle spalle, oltre a un senso di colpa di troppo sulla coscienza.
Sino a che poi non accadde l’irreparabile, la mia convivenza con Elisa ebbe un corso che potrei definire persino spumeggiante e ricco di ambiziosi progetti, nonché stimolante dal punto di vista sessuale. Difatti quando ci conoscemmo, entrambi reduci da due divorzi, praticamente non facevamo altro, ovunque, una volta ci capitò persino di farlo nel bagno di casa di alcuni nostri amici. Forse troppo, e forse solo quello. In seguito come naturalmente poi capita, la curva dell’interesse scese, assieme a tutto quanto il resto, sesso compreso.
A differenza del mio primo matrimonio, dove complice la mia giovane età ne combinai una dietro l’altra, ponendo così fine a quel rapporto, con Elisa non fu lo stesso. Fin dal primo giorno in cui la conobbi il mondo femminile per me si concentrò unicamente su di lei. Involontariamente Elisa agì su di me come un incantesimo, mi sentivo come pervaso da una magia. Attribuivo quel mio mite atteggiamento all’età, pensavo che oramai superate le quaranta primavere tutto si acquietasse, anche quel tipo di cose. L’avanzata maturità potesse porre dei limiti, d’altro canto ero soddisfatto ed appagato, non avvertivo un’esigenza superiore a ciò di cui nella sostanza già godessi, oramai sembrava davvero che tutto procedesse in maniera fluida, e senza intoppi, fin quando …
Esatto, perché un quando accadde. E quel quando, si chiamava Eva.
Entrambi lavoravamo tutto il giorno senza che nessuno dei due potesse tornare a casa prima di sera, e questo ovviamente comportava notevoli disagi su ciò che riguardava il riordino e la pulizia della casa, far la spesa, lo stiro, le lavatrici e quant’altro, tutte faccende che venivano procrastinate ai danni del nostro fine settimana, per altro gli unici due giorni di libertà concessi, impedendoci così di divagarci ne riuscire mai ad organizzare qualche week end fuori Roma, da soli o con amici. E dato che Elisa impazziva se non era tutto in ordine fin nei minimi dettagli, arrivammo così alla sana conclusione di assumere una domestica. Per mio conto pensai fosse la scelta ideale, per altro un toccasana al nostro rapporto che già da qualche periodo attraversava momenti di duro attrito. Iniziammo così un passa parola tra i vari amici, oltre a qualche annuncio su Porta Portese.
La cosa ebbe fin dalla prima settimana un esito favorevolmente inaspettato, fummo contattati in soli tre giorni da più di dieci persone, tutte molto disponibili ed interessate. Filtrate le meno adatte per motivi lontananza, il sabato successivo fissammo quattro incontri, tutti dislocati in diversi orari uno dall’altro.
La prima che si presentò era una giovanissima ragazza filippina, ma dall’aspetto così talmente acerbo che pensammo non fosse neppure maggiorenne, una figura macilenta e magrolina a tal punto che con Elisa pensammo fosse addirittura malata o qualcosa di simile. La prima cosa che ci saltò in mente fu che non avrebbe mai potuto reggere la mole di lavoro che intendevamo consegnarle. Così garbatamente la pregammo di attendere un contatto dopo qualche giorno di nostra riflessione.
Il secondo appuntamento in lista fu quasi una sorpresa. Si presentò con un leggero ritardo una ragazza di circa trent’anni, ma portati con fatica, certamente dal marcato intercalare e dai tratti somatici era evidente avesse origini dell’est, sul viso erano chiari i segni della sofferenza tipici da dipendenza d’alcol o altro, da medico la cosa non mi fu difficile intuirla immediatamente, osservare alcuni dettagli non lasciava dubbio al fatto che fosse una persona con grandi difficoltà. Lo sguardo a tratti vitreo, discorreva a rilento, le mani livide e gonfie, unghie e capelli mal curati. Quando poi dialogando ci disse che non avrebbe potuto lavorare il sabato, per noi fu una specie di sollievo, un’ancora di salvataggio su cui ci attaccammo per declinare l’impegno.
La terza ragazza che si presentò come Eva, sembrava andare decisamente meglio delle due precedenti, intanto dava l’impressione di essere una persona pulita ed ordinata, e dagli atteggiamenti ben educati, per altro anche molto carina. Parlava un italiano quasi perfetto tanto da farmi pensare che lo fosse, ma in realtà era di origini albanesi, aveva trentadue anni, ed era arrivata in Italia con suoi genitori a soli cinque anni. Elisa iniziò così a spiegarle quelle che erano le nostre esigenze, chiedendole cosa avrebbe preteso come salario, fu soltanto allora, pensando di aver trovato la persona giusta alle nostre necessità, che ci caddero le braccia in terra, quando la ragazza con un sorriso radioso ci chiese quale fosse la stanza dove avrebbe dovuto dormire in seguito.
Ovviamente il mal’inteso fece cadere in un nulla di fatto tutto quanto stabilito in precedenza. Non cercavamo una donna fissa in casa, non ce la saremmo potuta neppure permettere. Così Elisa dovette informarla che per quanto ci dispiacesse, seppure disponevamo di una stanzetta con servizio attiguo, non potevamo accontentarla dicendole la verità sul fatto che non potevamo farci carico di una spesa così eccessiva come quella di una domestica in pianta stabile. Mentre Elisa con fatica cercava di uscire da quella che era diventata una situazione imbarazzante, Eva sembrava accorta a riflettere, fin quando la interruppe dicendole.
<< Se il problema è soltanto di carattere economico, sono disposta a venirvi incontro accettando lo stesso salario di una donna ad ore pur lavorando tutto il giorno, questo a patto che mi prendiate con voi. Vi garantisco che non ve ne pentirete, sono perfettamente in grado di governare una casa da cima a fondo, faccio questo lavoro da oltre dieci anni, e con tutte le garanzie possibili, inoltre potrei fornirvi persino i contatti dei i miei vecchi datori di lavoro purtroppo trasferitisi all’estero. >>
Io ed Elisa ci guardammo in faccia del tutto spiazzati da quelle parole, i termini che Eva ci stava proponendo ci fecero tornare sui nostri passi, quindi le chiedemmo gentilmente di aspettarci qualche minuto in salone, mentre noi ci saremmo consultati meglio in cucina.
Dissi pertanto ad Elisa che a parer mio, attenendoci agli accordi da lei proposti, la cosa si sarebbe potuta anche fare, chiaramente non prima di aver stabilito regole ben precise sulle modalità logistiche della convivenza, oltre a qualche controllo che avrei fatto fare personalmente presso un mio caro amico carabiniere. Elisa dal canto suo non le sembrava vero, avrebbe così ottenuto ciò che più le interessava, una casa perennemente pulita ed ordinata ad un costo identico a quello di tanti altri nostri amici. Considerando poi che la stanza in oggetto, per pura fatalità, rimaneva esattamente nella parte opposta della casa rispetto il salone e le altre camere da letto tra cui la nostra, vedemmo questo particolare come un segno positivo tanto da decidere per un si.
Da quella mattina passò un mese esatto. Nei giorni immediatamente successivi al primo incontro avuto con Eva, presi informazioni su di lei, con il risultato che scoprimmo essere una persona dalla fedina penale cristallina, Elisa inoltre volle contattare i suoi vecchi datori di lavoro, che ci rasserenarono ampiamente sul suo conto, garantendoci l’affidabilità della persona, tra l’altro si dissero molto rammaricati di non averla più tra loro. Era tutto vero, come difatti nel tempo Eva dimostrò di essere.
Le giornate della nostra nuova coinquilina scorrevano cadenzate dalle sue solite abitudini. Di mattina si alzava prestissimo, apparecchiava la tavola per la prima colazione, poi una volta che io ed Elisa uscivamo per raggiungere i nostri rispettivi luoghi di lavoro, iniziava ad affaccendarsi nel rassettare quel po’ di disordine in casa, quindi verso mezzogiorno scendeva e si recava al mercato per comprare ciò che Elisa le lasciava scritto su di un biglietto la sera prima. Verso il tardo pomeriggio poi chiamava per sapere cosa organizzare per cena ed iniziare ad impostarla. Quindi una volta rientrati, serviva la cena, dava la buonanotte ad entrambi per poi spariva nella sua cameretta da letto.
Un sogno!!!
Dopo qualche tempo, dove per altro Eva mantenne un comportamento a dir poco ineccepibile, una mattina dovetti rientrare improvvisamente a casa a sua insaputa, per prendere alcuni documenti della casa richiesti dal mio commercialista. Evidentemente non mi sentì rientrare, ed io nella fretta non pensai di suonare il campanello come preavviso. Una volta in casa notai alcuni stracci per lo spolvero poggiati sulla consolle dell’ingresso, il secchio con gli stracci e lo scopettone nel salone, e i tappeti ben arrotolati in un angolo del disimpegno. Stava certamente lavorando. La chiamai ma non rispose, pensai allora che stesse in terrazzo o persino fuori casa per la spesa. Quindi mi diressi spedito verso il mio studio in fondo al corridoio. Ma proprio mentre passai davanti alla mia camera da letto, non volli credere ai miei occhi.
Eva era proprio li nella nostra camera matrimoniale con lo stereo acceso sulle note di “ Can’t get enough of your love Babe” di Barry Withe, se ne stava davanti al grande specchio dell’armadio con indosso un vestito di Elisa che le avevo regalato tempo addietro, ma che sino ad allora non aveva mai indossato. Inconsapevole di esser vista, sorridente volteggiava su se stessa con la grazia di una ballerina di danza classica di fronte alla sua immagine abbigliata da quel vestito da sera. Avvertii un senso di tenerezza infinito, per un attimo chissà per quale strano motivo mi venne in mente la fiaba di Cenerentola, che per tutto il giorno vestita di soli stracci non faceva altro che rassettare e governare ciò che le sorellastre di volta in volta sporcavano, così, per una volta in loro assenza, dava sfogo a tutta la sua femminilità.
Ero tentato di fare dietro front ed uscire senza farmi vedere, ma non potevo, stava infrangendo una regola, quale padrone di casa dovevo intervenire per forza, ma come? Pensai che Intervenendo avevo due sole possibilità, o mandarla via subito, o in alternativa richiamarla all’ordine, facendomi promettere che certe cose non le avrebbe mai più fatte, ma con il sospetto che trasgredendo una volta, l’accaduto potesse ripetersi. E comunque in tutti e due i casi, di certo Elisa non potevo lasciarla fuori, avrei dovuto dirle tutto, ma conoscendola sapevo fin troppo bene quali provvedimenti avrebbe preso nei suoi riguardi. I più drastici. Dovevo trovare una soluzione che garantisse ad entrambi di non dare luogo a nessuna delle due possibilità a cui ero costretto. Così rimasi fermo sul corridoio ad osservarla ancora un po’. Dovevo farle capire in qualche modo che sapevo, ma in modo da non creare un precedente, doveva arrivarci da sola, magari nei giorni a venire con una scusa le avrei fatto una battuta che potesse farle venire il dubbio che sapessi della sua mancanza, ma al tempo stesso non sapessi.
Eva rimase ancora qualche istante davanti allo specchio, poi in un attimo sganciò un bottone dietro il collo e l’abito di colpo si sfilò cadendole ai piedi con la stessa rapidità di un fazzoletto di seta, rimanendo così soltanto con gli slip, fu in quel momento che per la prima volta da che era in casa, la guardai non come “la domestica” bensì come una femmina, la cosa mi scosse, non mi era mai capitato prima da che stavo con Elisa. Era di una bellezza imbarazzante. Tornai subito indietro senza farmi sentire, aprii la porta di casa richiudendomela alle spalle, così uscii. Feci passare qualche minuto e suonai il campanello. Dopo qualche istante d’attesa sentii Eva chiedere chi era. A quel punto mi presentai ed aprii la porta con le chiavi.
<< Buongiorno dottore, come mai a quest’ora?>> Chiese visibilmente imbarazzata.
<< Buongiorno Eva, sono passato per prendere delle carte nel mio studio, tutto bene? >>
Nel frattempo si era rivestita dei suoi soliti vestiti di tutti i giorni. Ripassando davanti alla mia camera da letto, mi accorsi che la porta nel frattempo era stata chiusa. Evidentemente non aveva fatto in tempo a rimettere al suo posto ciò che non avrebbe dovuto neppure guardare.
<< Le preparo un caffè dottore? >>
<< Volentieri Eva, grazie >>
Pensai che accettare mi potesse dar modo di risolvere subito quell’antipatico e scomodo fuori programma, temevo che rimandare la cosa non avrebbe avuto più lo stesso risultato. Raccolte le carte di cui avevo bisogno, mi accomodai in cucina con Eva che intanto mesceva il caffè, ma non in una, bensì in due tazzine. Così capii che aveva deciso da sola che avremmo preso insieme quel caffè senza chiedermi nulla. Non ci vidi niente di male, ciononostante la cosa non la ignorai. Quindi porgendomi la tazza, aprì una sedia dal tavolino e si sedette proprio di fronte a me. A quel suo gesto mi assalì uno stato di agitazione, ma non tanto per le arbitrarie licenze che si stava prendendo, quanto per il modo e la risolutezza con cui si muoveva e mi guardava. Con un filo di ironia allora le dissi.
<< Per caso ti sei chiesta se volevo prendere un caffè con te? >>
Per tutta risposta usando i miei stesi toni sarcastici Eva rispose.
<< E’ vero … ma che stupida!! Non gliel’ho chiesto, ho fatto tutto così in modo naturale.. >>
Quindi dopo un attimo di silenzio con aria del tutto maliziosa, aggiunse.
<< Del resto dottore, pochi minuti fa neanche lei si è chiesto se poteva guardarmi nuda davanti allo specchio, giusto? >>
A quell’allusione provocatoria mi inalberai, poggiai la tazza mezza piena sul piattino e cambiando espressione le dissi.
<< Eva, come ti permetti!!! Anzi, dato che hai sollevato tu l’argomento, vorrei sapere come ti è venuto in mente di aprire l’armadio della signora e provarti i suoi vestiti? Lo sai che per questo potrei mandarti via su due piedi?>>
A quelle mie parole Eva sgranò prima gli occhi incredula, poi dopo qualche altro istante di perplessità portò una mano sulla bocca e scoppiò in una risata.
<< Non credo ci sia nulla da ridere Eva, sono molto arrabbiato per questo, hai tradito la fiducia che avevamo riposto in te. Stasera ne parlerò con la signora Elisa, per poi decidere cosa fare, ma non ti aspettare nessuna comprensione. >>
Le mie parole sembrava che non l’avessero turbata affatto, al contrario non smetteva di ridere lasciandomi nel più profondo imbarazzo, fin quando non smise e disse.
<< Mi dispiace dottore se ha creduto che io potessi fare una cosa simile, in effetti l’abito con cui mi ha vista poco fa, non è più della signora Elisa da quando pochi giorni fa, mi ha chiesto se mi faceva piacere averlo, tutto qui, si è trattato semplicemente di un regalo, e stamattina me lo stavo provando per la prima volta in camera sua, dato che nella mia cameretta non c’è uno specchio così grande.>>
Trasecolai, non mi era minimamente passata per la mente una simile ipotesi, quindi sprofondato nel più cupo imbarazzo tentai uno sterile recupero.
<< Sono senza parole Eva, scusami, mettendomi nei miei panni capirai bene che il tutto poteva far pensare a male. >>
<< La capisco, non si preoccupi certe cose possono capitare >>
Poi aggrottando le sopracciglia con aria dubbiosa aggiunse.
<< Piuttosto mi dica, come la mettiamo con la signora Elisa? Dovrà venire a conoscenza di tutto ciò che è accaduto stamattina, o forse è meglio tenerla fuori da ogni cosa? >>
Quindi senza darmi neppure il tempo di replicare, si alzò dalla sedia rimettendo a posto i resti del piccolo break e continuò.
<< Certo che se deciderà di informarla, dovrà sapere tutto nei minimi particolari, anche ciò che pur non volendo ha assistito, sono certa che per la signora sarà un dolore, ricordo ancora quando appunto mi ha regalato quell’abito, di avermi pregata di non dirle nulla per evitare che lei si potesse offendere. Tutto questo crede che possiamo farlo diventare un nostro piccolo segreto dottore? >>
Mentre sciorinava quel suo machiavellico piano, non riuscivo a togliere da davanti agli occhi la sua immagine completamente nuda davanti a quello specchio. Qualcosa era accaduto. Così decisi per la cosa peggiore che potessi pensare, ossia darle ragione e ovviamente come si potrà intuire, finendoci a letto dopo neppure una settimana … Tutto il resto, sarebbe inutile che lo scriva …