16-10-1943
Gli ci volle un tempo infinito affinché Giacomo si rendesse conto realmente di non essere un vero e proprio scrittore, come viceversa lui avrebbe voluto o almeno pensava di essere …
Fu questa l’amara realtà con cui suo malgrado, si dovette confrontare ed accettare. La sua parte più virtuosa, la meno semplice da affrontare, doveva convincersi una volta per tutte che scrivere, ma scrivere per davvero, non era affatto una cosa semplice, bensì, forse una delle cose più difficili da fare al mondo.
Tuttavia, quell’irrefrenabile suo bisogno di mettere tutto nero su bianco, concetti, aneddoti, esperienze e tutto quanto gli girasse intorno, non lo mollava mai un attimo, per qualche strana alchimia dover scrivere era per lui fuori da ogni suo controllo.
Di tanto in tanto tirava fuori carta e penna ed annotava tutto ciò che lo colpiva, pensieri, espressioni, proverbi, esclamazioni, inconsueti vocaboli, tramutando inevitabilmente poi il tutto in qualcuno dei suoi brevi ma leggeri racconti.
Di tanto in tanto tirava fuori carta e penna ed annotava tutto ciò che lo colpiva, pensieri, espressioni, proverbi, esclamazioni, inconsueti vocaboli, tramutando inevitabilmente poi il tutto in qualcuno dei suoi brevi ma leggeri racconti.
L’entusiasmo che lo pervadeva scrivendo, drammaticamente si affievoliva fino a sparire quasi del tutto leggendo.
Erano quelli i momenti in cui percepiva l’esatta misura che ci correva tra un vero scrittore e lui. Poca cosa a confronto, pressoché il nulla.
Gli venne in mente così che, esisteva gente che si limitava a guardare e chi invece aveva la dote di saper osservare, chi semplicemente sentiva, e chi invece sapeva ascoltare. C’era poi chi scribacchiava, come Giacomo, e chi sapeva narrare, come appunto facevano i veri narratori …
Questo era ciò che gli balenava per la mente tutte le volte che si accingeva a leggere cose di autori nati con il dono divino di saper immortalare con la penna attimi di vita, volti, luoghi ed emozioni in maniera fotografica.
La possibilità di costruire una storia, renderla avvincente, nutrirla di colpi di scena, arricchirla con vocaboli ed espressioni uniche, senza mai far scendere l’entusiasmo del lettore, ebbene, tutto questo per Giacomo si rivelava un compito titanico, insormontabile al punto tale che il più delle volte, suo malgrado era costretto ad interrompere il suo lavoro a metà.
Erano quelli i momenti in cui percepiva l’esatta misura che ci correva tra un vero scrittore e lui. Poca cosa a confronto, pressoché il nulla.
Gli venne in mente così che, esisteva gente che si limitava a guardare e chi invece aveva la dote di saper osservare, chi semplicemente sentiva, e chi invece sapeva ascoltare. C’era poi chi scribacchiava, come Giacomo, e chi sapeva narrare, come appunto facevano i veri narratori …
Questo era ciò che gli balenava per la mente tutte le volte che si accingeva a leggere cose di autori nati con il dono divino di saper immortalare con la penna attimi di vita, volti, luoghi ed emozioni in maniera fotografica.
La possibilità di costruire una storia, renderla avvincente, nutrirla di colpi di scena, arricchirla con vocaboli ed espressioni uniche, senza mai far scendere l’entusiasmo del lettore, ebbene, tutto questo per Giacomo si rivelava un compito titanico, insormontabile al punto tale che il più delle volte, suo malgrado era costretto ad interrompere il suo lavoro a metà.
Smise così di scrivere per un lungo periodo dedicandosi completamente alla lettura. Una sorta di religioso ascetismo letterario.
Così alla fine si convinse che non avendone le doti, non avrebbe più mirato a raggiungere quel sogno, ma qualora avesse ripreso a scrivere, non avrebbe più reso pubbliche le sue scritture mantenendole allo scuro di chiunque.
Astenersi dallo scrivere gli procurava una sofferenza quasi fisica, come volesse infliggere una punizione a se stesso, ma al tempo stesso necessaria al bene della sua formazione letteraria.
Astenersi dallo scrivere gli procurava una sofferenza quasi fisica, come volesse infliggere una punizione a se stesso, ma al tempo stesso necessaria al bene della sua formazione letteraria.
Trascorso quello che ritenne un tempo necessario, Giacomo pensò giunto il momento di iniziare di nuovo a scrivere affrontando un nuovo filone narrativo, fatto non più di brevi racconti, ma passando attraverso delle novelle, a dei veri e propri romanzi.
Nel giro di un anno, trincerato dietro un silenzio di china assoluta, riuscì a concludere un paio di lavori, il primo dei quali a suo giudizio gli parve abbastanza accettabile e che intitolò;
“ 16 Ottobre 1943, Un bellissimo sogno di salvezza ”
Lo spunto di quel suo primo romanzo gli nacque una sera, durante la presentazione di un libro dal titolo“ L’ordine è già stato eseguito”, presso il centro culturale ebraico Pitigliani, posto sulla sponda opposta di lungotevere rispetto la Sinagoga, il tempio maggiore.
Durante l’intervento dell’autore, un professore di lettere Angloamericane, e l’attenta disamina dei fatti che via, via spiegava, Giacomo rimase letteralmente folgorato dalle gesta e dalla ferocia nazifascista, consumata barbaramente in Italia durante la seconda guerra mondiale.
Durante l’intervento dell’autore, un professore di lettere Angloamericane, e l’attenta disamina dei fatti che via, via spiegava, Giacomo rimase letteralmente folgorato dalle gesta e dalla ferocia nazifascista, consumata barbaramente in Italia durante la seconda guerra mondiale.
Alla riunione, tra la tanta gente accorsa, era presente anche un reduce di guerra, un anziano uomo dalla lunga barba bianca, con il capo coperto dalla kippà, il tradizionale copricapo ebraico, composto in ogni suo gesto, un viso dai lineamenti gentili ma drammaticamente segnato dai bui ricordi della sua infanzia sgretolata nel fondo di un campo di concentramento nazista.
Uno degli ultimi sopravvissuti a quella barbara deportazione, ancora vivente.
All'epoca dei fatti era poco più che un ragazzino, dove purtroppo perse ogni traccia della sua famiglia. Attraverso interminabili pause emotive, scandite da spontanei applausi della platea, l’anziano si lasciò andare ad alcune testimonianze che fecero rabbrividire Giacomo, vicende da far accapponare la pelle persino ad un morto.
Uno degli ultimi sopravvissuti a quella barbara deportazione, ancora vivente.
All'epoca dei fatti era poco più che un ragazzino, dove purtroppo perse ogni traccia della sua famiglia. Attraverso interminabili pause emotive, scandite da spontanei applausi della platea, l’anziano si lasciò andare ad alcune testimonianze che fecero rabbrividire Giacomo, vicende da far accapponare la pelle persino ad un morto.
Ambientò così la storia del romanzo, nello scenario della tragica vicenda avvenuta nel ghetto di Roma sul finire del “43” ai danni della comunità ebraica, protagonista di una orribile deportazione di massa, tale da mettere in subbuglio la sua sensibilità.
Protagonisti della storia, due ragazzini pressoché adolescenti, che ne alternavano gesta ed avvenimenti in chiave fantasiosa, densa di mistero con un finale del tutto inedito.
Protagonisti della storia, due ragazzini pressoché adolescenti, che ne alternavano gesta ed avvenimenti in chiave fantasiosa, densa di mistero con un finale del tutto inedito.
Ma una volta terminato il lavoro, fu assalito dall’incontenibile necessità di farlo leggere a qualcuno. Così dopo un’immemorabile periodo di letargo, era assetato di consensi, decise così di sottoporlo all’attenzione dell’unica persona di cui si fidasse ciecamente, Chiara la sua più cara amica, la più severa, ma anche la più sincera, Giacomo pensò che se fosse piaciuto a lei, poteva pensare di aver fatto un buon lavoro.
Così il giorno seguente fedele ai suoi propositi, Giacomo si diresse in centro nel negozio di tatuaggi della sua amica. Appena giunto, proprio in quel momento Chiara era intenta a discutere con una ragazza di colore che pretendeva il rimborso di un tatuaggio fatto mesi prima, accampando il banale pretesto di non piacerle più il lavoro svolto.
L’alterco durò ben poco, difatti, Chiara una volta esaurita la pazienza, di colpo infuriata fece uscire dal negozio la furbetta minacciandola di non mettere più piede nel suo studio.
L’alterco durò ben poco, difatti, Chiara una volta esaurita la pazienza, di colpo infuriata fece uscire dal negozio la furbetta minacciandola di non mettere più piede nel suo studio.
Una volta poi che ritornò la calma, Giacomo pacatamente le rivelò il motivo di quell’improvvisa visita chiedendole in via del tutto amicale se poteva leggere il suo manoscritto e alla fine dirgli cosa ne pensasse. Ma per sua sfortuna fece un buco nel’acqua, Chiara al momento non poteva accontentarlo dato che da qualche tempo era completamente immersa in una trilogia dall’avvincente trama delittuosa che le stava togliendo il fiato e il sonno, si espresse proprio così; “ Mi sta togliendo il fiato ed anche il sonno”, confessandogli inoltre che non avrebbe letto null’altro fino alla all’ultima pagina di quella calamitante e suggestiva saga, neppure se a chiederglielo fosse stato suo fratello. Sconfortato, Giacomo prima dei saluti finali le lasciò copia del suo manoscritto, portando con se la sola promessa da parte di Chiara che non appena avesse avuto tempo, certamente l’avrebbe letto e riferito il suo parere.
“Un dono del cielo, non c’è altra soluzione” pensò Giacomo sulla strada del ritorno verso casa, “Quali grandi abilità deve avere uno scrittore, e non soltanto per la dote di saper scrivere come Dio gli abbia concesso di saper fare, ma anche per la capacità di riuscire a sottrarre amicizie seppure a lui del tutto sconosciute. Che geni … che rabbia, che invidia.“
Non poteva non pensare alla faccia di Chiara, alla sua meraviglia mentre sedotta articolava parole di ammirazione per quell’autore di cui per altro non chiese neppure il nome, forse per invidia o forse per gelosia.
Le apparve come una ragazzina conquistata dal primo amore adolescenziale, le brillavano gli occhi, pronunciò aggettivi nei riguardi di quel genio sconosciuto mai sentite prima, neanche per Fabio Volo, di cui a suo dire ne andava pazza.
Le apparve come una ragazzina conquistata dal primo amore adolescenziale, le brillavano gli occhi, pronunciò aggettivi nei riguardi di quel genio sconosciuto mai sentite prima, neanche per Fabio Volo, di cui a suo dire ne andava pazza.
“ … Completamente immersa, … un’avvincente trama, … le toglieva il fiato e il sonno … calamitante, suggestiva … e che non avrebbe letto altro sino alla fine …
Per un istante gli balenò per la testa l'idea che, se quell'anonimo autore avesse voluto, con sole tre quattro paginette, stese a dovere, senza alcuna fatica si sarebbe potuto portare a letto qualsiasi donna, anche la più ostile.
Per un istante gli balenò per la testa l'idea che, se quell'anonimo autore avesse voluto, con sole tre quattro paginette, stese a dovere, senza alcuna fatica si sarebbe potuto portare a letto qualsiasi donna, anche la più ostile.
Rammaricato decise così di non pensarci più.
Quando oramai a distanza di un paio di mesi aveva relegato la cosa in uno dei cassettini più remoti della sua mente, una mattina inaspettatamente gli arrivò una telefonata da parte della sua amica tatuatrice.
<< Pronto Giacomo, ciao sono Chiara. Volevo parlarti, per caso puoi passare qui da me oggi pomeriggio? E’ molto importante... >>
Oltre a questo fugace scambio di parole, Chiara non aggiunse altro, dal canto suo Giacomo senza dilungarsi, accettò e così nel primo pomeriggio era già davanti al suo negozio ad aspettarla.
A sua insaputa quel pomeriggio le sorti della vita di Giacomo si sarebbero ribaltate completamente.
Ciò che accadde fu qualcosa di miracoloso.
Qualche giorno dopo aver lasciato il manoscritto alla sua amica, chiamò a studio un tizio, un nuovo cliente intenzionato a fissare con lei un appuntamento per farsi fare un tatuaggio. La sorte volle che questo nuovo cliente dovette attendere il suo turno più del previsto dato che Chiara era impegnata a rianimare uno sbarbatello appena maggiorenne che aveva perso i sensi, circostanza che spesso avviene con i più giovani al battesimo del primo passaggio di china.
Pertanto, per ingannare il tempo, il tizio, che si rivelò poi essere il direttore di una affermata casa editrice, per ingannare il tempo prese la prima cosa che gli capitò sotto mano e si mise a leggere. Si trattava proprio del manoscritto di Giacomo.
Qualche giorno dopo aver lasciato il manoscritto alla sua amica, chiamò a studio un tizio, un nuovo cliente intenzionato a fissare con lei un appuntamento per farsi fare un tatuaggio. La sorte volle che questo nuovo cliente dovette attendere il suo turno più del previsto dato che Chiara era impegnata a rianimare uno sbarbatello appena maggiorenne che aveva perso i sensi, circostanza che spesso avviene con i più giovani al battesimo del primo passaggio di china.
Pertanto, per ingannare il tempo, il tizio, che si rivelò poi essere il direttore di una affermata casa editrice, per ingannare il tempo prese la prima cosa che gli capitò sotto mano e si mise a leggere. Si trattava proprio del manoscritto di Giacomo.
Ebbene, a sentire Chiara, il tizio sembrava come ipnotizzato da quel racconto al punto tale che non staccò mai gli occhi da quelle pagine neppure durante la battitura dell’ago nelle sue parti più delicate della pelle.
Imperterrito come un mulo, proseguì la lettura sino al termine, quindi esclamò.
Imperterrito come un mulo, proseguì la lettura sino al termine, quindi esclamò.
<< Eccezionale!!! Chi ha scritto questo racconto è un edificio di idee stupefacenti !!! Lo definirei uno scrivano distaccato dalle cose terrene. Per di più è scritto in modo semplice e spontaneo, a sua insaputa è ciò che accade ai talenti per natura, scadente grammaticalmente, ma con grandi virtù narrative. Devo assolutamente conoscere l’autore. >>
Fu così, che Giacomo nonostante le sue incredulità, iniziò e il suo cammino da vero scrittore.
Il manoscritto dopo un attenta rivisitazione grammaticale da parte della casa editrice fu così presentato e pubblicato, ottenendo un successo fuori da ogni concreta aspettativa.
Era nato così un nuovo scrittore.
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